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“Ghost Kennel”: traffico internazionale di bulldog francesi

Un’indagine internazionale rivela l’inganno di un allevamento fantasma e il traffico illecito di bulldog francesi in tutta Italia.

Venezia – I carabinieri forestali del Nucleo CC CITES di Venezia con la collaborazione del Nucleo Investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Verona, sotto la direzione e il coordinamento della procura della Repubblica di Verona, nella persona del sost. proc. Stefano Aresu, hanno smantellato un fiorente traffico di cuccioli di razza bulldog francese proveniente dalla Romania, radicatosi in provincia di Verona ma con diramazioni su tutta la Penisola. Il nome dato all’operazione “Ghost kennel” (allevamento di cani fantasma) richiama appunto l’assenza di qualsivoglia tracciabilità dei cuccioli che arrivati in Italia venivano falsamente spacciati dal rivenditore veronese come provenienti da un suo allevamento in Romania risultato appunto “fantasma”.

L’associazione infatti operava al fine di eludere dolosamente le norme che regolamentano il commercio di animali d’affezione (ex art. 4 legge 201/2010), contestualmente violando le leggi comunitarie e nazionali sul trasporto ed il benessere degli animali (ex artt. 544 bis e 544 ter c.p.), commettendo svariati delitti di falso, esercizio abusivo della professione medico/veterinaria e truffa nella cessione dei cani. Premesso che la responsabilità penale sarà accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile, ad oggi sono quattro i soggetti rinviati a giudizio per i reati di cui sopra, cittadini rumeni ed Italiani, coinvolti nel predetto traffico di animali, che risultano avere operato sinergicamente con un’unica strategia criminale che constava nell’ottenere, con il minimo investimento, il maggior guadagno sui cani commercializzati, senza, di fatto, avere cura ed attenzione sul benessere degli stessi animali, quest’ultimi trattati/commercializzati alla stessa stregua di oggetti inanimati e non come esseri viventi e senzienti.

Venivano falsificati sistematicamente i documenti

Dalle risultanze investigative è emerso inoltre che lo spostamento dei cani oggetto del traffico illecito veniva mascherato attraverso la falsificazione dei documenti europei che dovevano accompagnare i vari cani, con specifico riferimento ai relativi passaporti PET, messo in atto da un veterinario compiacente operante in Romania, anch’esso oggi rinviato a giudizio. Difatti, nel compilare il passaporto da attribuire al singolo cane, veniva falsamente attestata l’inoculazione del relativo microchip identificativo, in quanto, in molti casi, lo stesso trasponder non veniva inoculato ma accantonato per un utilizzo successivo; in altri casi il cucciolo veniva sì microchippato ma risultavano falsamente attestate la data di nascita, le vaccinazioni e le altre prestazioni sanitarie. Questo consentiva, da un lato, di poter riutilizzare il passaporto anche in caso di morte dell’esemplare prima dell’arrivo a destino, inoculando solo successivamente il microchip ai cani cuccioli sopravvissuti, dall’altro di poter movimentare il cane anche prima dei tre mesi, senza effettuare le vaccinazioni obbligatorie per legge (in primis l’antirabbica) ed evitare i relativi costi.

Cosicché, come emerso dall’analisi delle chat whatsapp tra gli imputati, in diverse circostanze il microchip indicato nel relativo passaporto veniva inoculato a posteriori al cane oggetto di vendita, qualora lo stesso fosse sopravvissuto al trasporto o, all’uopo, inserito ad altro esemplare ancora vivo, così da attribuirgli contestualmente il Passaporto PET falsamente redatto. L’indagine, durata circa due anni, ha avuto origine nel luglio 2020 a seguito di presentazione di denuncia/querela presso il Nucleo CC CITES di Venezia da parte di una privata che lamentava di essere stata truffata per aver acquistato un cane, proposto su sito di annunci on line, come di razza bulldog francese, ma non corrispondente alla specie dichiarata e alla foto pubblicata e, tra l’altro con un marcaggio non correlato al consegnato Passaporto pet Rumeno.

Esperite le prime indagini, i carabinieri forestali della CITES, su delega della Procura di Verona davano esecuzione a Decreto di perquisizione e sequestro a carico del soggetto, residente in provincia di Verona, che aveva pubblicato l’annuncio di vendita on line e al quale erano riconducibili numerosi altri annunci, sotto nomi di fantasia (Alberto, Andrea, Cristina, Elena, Luca, Massimo, Max, Mirko e Michele) e in varie città d’Italia, sempre proponenti in vendita cuccioli di razza bulldog francese a prezzi concorrenziali, nella media 600 euro a cucciolo ma partivano dai 500 € e raggiungevano gli 800 € a seconda del colore del mantello.

Nell’abitazione del soggetto veronese venivano rinvenuti non solo passaporti di emissione rumena non ancora utilizzati, ma anche fotocopie di carte di identità di soggetti stranieri collegati a moduli per iscrizione all’anagrafe canina, già parzialmente compilati con i dati del cedente straniero, nonché farmaci veterinari, in particolare oltre 40 fialette di vaccinazioni pronte per essere somministrate e fialette già usate, oltre a siringhe con microchip pronte per l’inoculazione ai cuccioli sopravvissuti al viaggio dalla Romania.

Ma il modus operandi dell’associazione criminale veniva smascherato soprattutto grazie all’esame di tutte le conversazioni tra gli odierni imputati che delineavano in modo preciso la pubblicazione degli annunci di vendita su vari siti internet, il reperimento dei cuccioli in Romania o Ungheria, la preparazione, la falsa redazione dei documenti da parte di veterinari compiacenti e che fornivano anche i farmaci veterinari da utilizzare prima della partenza o dopo l’arrivo, il trasporto spesso con mezzi di fortuna quali auto di soggetti che facevano da veri e propri corrieri, i luoghi di consegna, la morte durante il viaggio o poco dopo l’arrivo a Verona dei cuccioli più piccoli, deboli o semplicemente meno fortunati i cui resti venivano smaltiti in modo da non poter essere rintracciati.

In circa un anno di operatività della smascherata associazione, solo presso le ULSS veterinarie delle 7 province del Veneto (con picco presso la ULSS Scaligera), venivano iscritti in anagrafe canina e quindi censiti oltre cinquanta cuccioli di bulldog francese illegalmente entrati in Italia, ma numerosi altri
risultavano iscritti in varie province d’Italia, fino in Umbria, Lazio e Sicilia: le richieste d’iscrizione
riportavano quali cedenti sempre i medesimi ed ignari soggetti rumeni ed erano corredati dalle rispettive
carte d’identità.

Decine gli acquirenti sentiti dai carabinieri CITES e, dalle varie dichiarazioni, emergeva tra l’altro che i pagamenti a favore del venditore veronese per l’acquisto dei cani, nella maggior parte dei casi e su richiesta dello stesso, avvenivano in contanti, così da non lasciare traccia dell’avvenuta vendita. Inoltre, il medesimo venditore vantava falsamente l’esistenza un proprio allevamento in Romania, spesso forniva dei medicinali veterinari da somministrare ai cani e in alcune circostanze, manteneva i contatti con gli acquirenti ostentando delle conoscenze medico/veterinarie e fornendo loro indicazioni/posologie sui farmaci da utilizzare per i cani ceduti che, frequentemente, risultavano già affetti da varie patologie quali cimurro, parvovirus, giardiasi, in taluni casi morendo dopo pochi giorni nelle mani dei proprietari se non prima di essere venduti presso i venditori. Per chiudere il cerchio, la Procura di Verona inoltrava un preciso e dettagliato “ordine europea d’indagine” all’Autorità giudiziaria rumena al fine di avere riscontro dello spostamento dei cuccioli privi di documenti validi e della falsificazione di quest’ultimi ad opera dei veterinari compiacenti e dei fornitori e trasportatori organizzatori del traffico.

Su ordine dell’A.G. rumena, venivano disposte indagini e perquisizione sui soggetti oggi imputati e veniva riscontrata, presso lo studio veterinario attenzionato e nelle autovetture e abitazioni degli organizzatori e complici, la presenza di passaporti falsi pronti a partire insieme a numerosi cuccioli di bulldog francese già caricati in furgoni, oltre a farmaci veterinari, agende con i nominativi dei clienti italiani, materiale tutto posto sotto sequestro.

A conclusione delle indagini, la Procura di Verona disponeva il rinvio a giudizio del cittadino rumeno fornitore dei cuccioli e dei documenti falsi, oltre che organizzatore dell’attività di trasporto, del veterinario rumeno e di due veronesi che gestivano tutta l’attività di vendita e consegna ai clienti sul territorio nazionale.

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