Katia Adragna, detta “la Nera”, coordinava una rete di pusher camuffati da fattorini. Nel suo telefono conservava contatti di professionisti e politici.
Milano – Un’operazione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, con il supporto del Ros dei carabinieri e della polizia penitenziaria, ha sgominato un’articolata organizzazione dedita al narcotraffico. Diciannove persone sono finite in manette per aver gestito un florido commercio di cocaina nel capoluogo lombardo attraverso metodi sofisticati e una struttura ben ramificata.
La regia dell’intera operazione criminale, stando alle accuse formulate dai pm Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco, era nelle mani di Katia Adragna, quarantaseienne conosciuta nell’ambiente come “la Nera”. La donna avrebbe preso il timone dell’organizzazione quando i boss storici del clan Calajò – Nazzareno e il nipote Luca – sono finiti dietro le sbarre nel carcere di Opera tra il 2023 e il 2024.
Dal quartiere Barona, periferia milanese diventata epicentro del traffico, partivano le direttive per mantenere attivo il giro di affari. L’aspetto più innovativo del sistema era il camuffamento degli spacciatori: vestiti come rider delle piattaforme di consegna a domicilio, venivano identificati nelle conversazioni intercettate con il termine “glovo”. Una strategia che permetteva di passare inosservati per le vie della città.
Gli investigatori hanno localizzato due immobili chiave per le attività del gruppo: un appartamento in via De Pretis e uno in via Lope de Vega. Questi spazi fungevano da depositi per lo stoccaggio della sostanza e punti di partenza per le consegne ai clienti distribuiti nel territorio milanese.
Una perquisizione effettuata nell’aprile del 2023 aveva portato alla scoperta di documenti preziosi: un quaderno con copertina rossa e un’agenda nera che contenevano l’intera contabilità dell’attività criminale. All’interno erano annotati gli pseudonimi dei corrieri, l’elenco degli acquirenti suddivisi per rilevanza, le modalità di pagamento – sia contanti che ricariche su carte prepagate – le scorte residue di stupefacente, i costi del carburante e le retribuzioni del personale. Una documentazione minuziosa che fotografava il funzionamento dell’impresa illegale.
Le conversazioni captate dagli inquirenti hanno rivelato il rapporto diretto tra Adragna e Luca Calajò, che dal carcere continuava a impartire disposizioni. La 46enne si occupava personalmente della riscossione dei guadagni e mostrava rigidità assoluta sulla politica dei prezzi. Nelle intercettazioni emerge la sua posizione: “Io ci mangio di questo. È per portare da mangiare alla mia famiglia”. Non ammetteva riduzioni tariffarie perché da quel commercio traeva il proprio sostentamento.
Al suo fianco operava Federica Mastrapasqua, anch’essa arrestata nell’operazione di Dda e Ros. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quest’ultima aveva il ruolo di ampliare la base clienti e dirigere le attività nella base di via Lope de Vega, coordinando tutte le fasi: dall’immagazzinamento al confezionamento, fino alla distribuzione finale.
Un aspetto delicato emerso dalle indagini riguarda i contatti che Adragna custodiva nel proprio cellulare. Il fratello della donna, intercettato mentre conversava in automobile con la compagna, ha raccontato che Katia nell’ottobre 2024, dopo aver ricevuto la notifica della chiusura delle indagini preliminari, aveva eliminato quasi completamente la rubrica del telefono. Aveva però mantenuto alcuni numeri specifici: quelli degli acquirenti considerati di prestigio. Nell’intercettazione si sentiva il fratello dire: “Sopra c’ha gli avvocati, politici quindi tutte persone che a noi ci possono servire”. Tra questi nomi comparirebbero anche magistrati. Le autorità stanno ora esaminando questi collegamenti per verificare possibili coinvolgimenti.
Oltre ad Adragna e Mastrapasqua, nell’operazione sono finite in manette altre quattro donne. Il provvedimento cautelare porta la firma del giudice per le indagini preliminari Mariolina Panasiti, che ha accolto le istanze presentate dalla Dda.
Il clan Calajò e la sua emanazione “Nuova Barona” non sono nuovi alle cronache giudiziarie: in passato erano già stati bersaglio di inchieste per traffico internazionale di stupefacenti, possesso illegale di armamenti ed estorsioni. Nonostante i colpi subiti, la struttura aveva dimostrato una notevole robustezza, riuscendo a individuare nuove figure di comando capaci di perpetuare le attività illecite anche durante l’assenza dei vertici storici. Il blitz ha inflitto un serio danno a un’organizzazione che aveva fatto della Barona uno dei principali centri di smistamento della cocaina nella metropoli lombarda.