Dopo anni di arrampicate sugli specchi, la sconfitta della sinistra stavolta è senza appello. Il calo di consensi riflette l’assenza di energie e strategie: dove andare a parare per evitare l’irrilevanza completa? E le liti continuano…
Roma – La crisi della sinistra è ormai giunta allo stadio terminale: stavolta non ci sono più magheggi e alleanze in grado di ribaltare la sconfitta e riportare il PD in area di governo. La crisi è di consensi e di identità: la vecchia sinistra operaia dura e pura non convince nessuno (o peggio, sarà presa dal M5S), la corrente lib-renziana va verso il centro, la versione transfemminista-radicale di importazione americana non ha ancora preso piede. Sembra che manchino le idee da dove ripartire, e in effetti il quadro appare più frammentato che mai…
La vittoria – elettoralmente schiacciante – della coalizione di Centrodestra segna il momento più basso mai toccato dalla sinistra da decenni. La campagna elettorale ha mostrato, in scala ridotta, tutte le debolezze che la affliggono: innanzitutto una fortissima passività. Il motto del votateci per non fare vincere Meloni è paradigmatico delle debolezze che gravano sui democratici: vecchi, incapaci di proporre novità, emozionare e svecchiarsi. Nello scontro politico è sempre stata la destra a introdurre argomenti di dibattito. La sinistra ha solamente reagito. E ora, dopo l’insuccesso, i partiti si trovano nella scomoda posizione di impostare i temi e i toni da cui ripartire.
In effetti è difficile capire che cosa si possa definire di sinistra nell’Italia contemporanea. Sui temi economici non c’è più accordo: il PD, nel corso degli anni, ha perso i connotati della sinistra storica (assistenzialismo, anticapitalismo, sostegno alle classi svantaggiate) per andare sempre di più verso il centro. Sui temi economici è difficile affermare che i Dem siano veramente più di sinistra del M5S o persino della Lega. Anzi, l’antiglobalismo sembra essere, sempre di più, un tratto identitario dei sovranisti piuttosto che della sinistra mainstream.
I punti fermi sembrano essere, piuttosto, l’antirazzismo (in contrasto alla polemica contro l’immigrazione dei sovranisti), un antifascismo vagamente antistorico (piaccia o meno, né Salvini né Meloni sembrano essere epigoni di Mussolini) e un certo internazionalismo che si traduce in un sostegno all’EU. Temi molto lontani da quelli radicali dei tempi del Partito Comunista…
Una percezione diffusa della base elettorale di sinistra è dunque che il PD abbia tradito i valori storici della sinistra a favore del liberismo economico e del burocratismo europeo. Un sostegno di facciata, dunque, ai temi “etici” (immigrazione, matrimoni e adozioni gay, ecc.) che nasconde malamente un partito centrista e conformista. Percezione non aiutata dai numerosi scandali che hanno corroso la credibilità nazionale del Partito Democratico.
Parte dunque la ricerca di alternative. Una fazione vorrebbe, dunque, il ritorno ai valori autentici della sinistra: nel panorama attuale, è lo schieramento che corrisponde a Sinistra Italiana di Fratoianni e Alleanza Verdi: un nuovo focus sulle problematiche sociali e un forte accento sull’ambientalismo, che rappresenta forse il tema più “caldo” e innovativo che la sinistra ha fatto suo negli anni.
Una ulteriore fazione guarda invece ai Dem made in USA. Il rappresentate di punta è +Europa di Emma Bonino: un partito che propone una visione economica chiaramente liberista ma un fortissimo accento sui temi etici, con un sostegno quasi fanatico all’accoglienza, all’eutanasia, alle tematiche verdi, al pacifismo e ai temi del “gender“. Ma è stata anche la posizione di Matteo Renzi per tutta la durata del suo segretariato, e Azione di Calenda potrebbe rientrare nella stessa categoria.
Un conflitto ideologico interno alla sinistra, dunque, che si riflette negli scontri interni al PD. Da un lato abbiamo Elly Schlein, il volto giovane e “cosmopolita”, paladina del radicalismo femminista e post-marxista made in USA; dall’altra lo schieramento che vorrebbe una maggiore coerenza con i valori tradizionali. Una spaccatura che, dopo la sconfitta, aveva portato il PD sull’orlo della scissione: e che ritratto sintomatico di una sinistra che non riesce neanche a mettersi d’accordo sui valori condivisi. E nel frattempo il Partito democratico litiga alle primarie per la proposta della stessa Schlein. La candidata alla segreteria nazionale, nella seduta di ieri 6 gennaio, assieme agli altri 3 “concorrenti” trovava l’accordo per posticipare il voto di una settimana, dal 19 al 26 febbraio, cosi da non sovrapporsi alle regionali fissate per il 12 e 13 dello stesso mese.
La giovane Dem riusciva però ad infiammare gli animi già duramente messi alla prova per la proposta di votare esclusivamente on line:
“A noi più che il quando interessa il come agevolare la più ampia partecipazione possibile – ha detto Schlein – le primarie sono una caratteristica identitaria del Pd che è nato all’insegna della partecipazione, dell’apertura verso l’esterno. In questo momento il rischio maggiore è la disaffezione e io credo che per combatterla sia necessario ampliare gli strumenti di partecipazione“. E giù mugugni a non finire.
Un grosso problema poi è costituito dal fatto che i “valori storici” della sinistra ora contesi con un nuovo rivale: l’M5S, volto di quel “sovranismo di sinistra” che, con il Reddito di Cittadinanza, si fa paladino degli ultimi, dei miserabili e dei dimenticati. Partito di minoranza, ma che insidia alla sinistra una base elettorale già frammentata e delusa.
Insomma nessuna soluzione semplice dietro l’angolo, per la sinistra italiana: la base centrista-liberale cadrà sempre di più verso la sirena di Calenda, mentre la sinistra dura e pura, che paga la sostanziale vecchiezza di concetto, lotterà per i voti del M5S. Una maggiore speranza avrà forse la corrente radical-ecologica “buonista” che, se non altro, ha il vantaggio di puntare sui giovani. Il suo successo dipenderà da quanto e quando più rapidamente i valori della sinistra americana riusciranno a imporsi in Italia nella maniera più massiccia possibile. Speriamo, dunque, molto tardi.