Operazione della Gdf per la tutela del Made in Italy, che ha confiscato i due immobili e 252 macchinari. Tra le accuse anche il caporalato.
Treviso – Due laboratori del tessile gestiti dai cinesi, in condizioni di estremo degrado e con lavoratori irregolari all’interno. Operazione delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale, che hanno posto sotto sequestro i laboratori, nell’ambito di mirate attività ispettive volte alla tutela del Made in Italy, oltre che alla salvaguardia delle principali filiere produttive nazionali. Con il supporto di Vigili del Fuoco, S.P.I.S.A.L., Ispettorato del Lavoro e A.R.P.A.V. locale, nonché con il contributo dei comuni interessati, hanno eseguito, secondo gli ambiti di rispettiva competenza e adottando un modello di controllo integrato altamente efficace, quattro distinti controlli presso altrettante aziende tessili del trevigiano.
In due dei quattro laboratori tessili controllati, ubicati a Istrana (TV), rispettivamente di circa 450 e 630 metri quadrati, sono state accertate condizioni di assoluto degrado e pericolo, con l’impiego di lavoratori irregolari e sfruttati, nonché ripetute violazioni delle norme in materia urbanistica, tutte irregolarità così gravi che hanno indotto i finanzieri a sequestrare d’urgenza i due immobili e 252 macchinari e banchi da lavoro; l’intera attività è stata poi convalidata dal Gip del Tribunale veneto. Gli amministratori delle due imprese, di nazionalità straniera, che operavano sulla base di commesse ricevute da imprese locali, sono stati segnalati alla Procura, a vario titolo, per violazione delle norme volte a prevenire gli incendi e gli infortuni sui luoghi di lavoro, sfruttamento dei lavoratori, impiego di manodopera clandestina, esecuzione di opere edili in assenza di titolo autorizzativo.
In particolare, per quanto concerne la prevenzione degli incendi, le violazioni riscontrate hanno riguardato l’assenza di funzionamento di un impianto idrico antincendio, la mancata manutenzione semestrale degli estintori, l’impraticabilità delle vie di fuga, la presenza di stufe a pellet dotate di condotti fumari non regolamentari. A queste si sono aggiunte svariate violazioni alla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, tra cui la presenza di macchinari sprovvisti di sicurezze negli organi mobili, le scarse condizioni igieniche, la presenza di collegamenti elettrici non omologati.
Al momento degli accessi, sono stati identificati quattro lavoratori “in nero”, di cui tre richiedenti asilo politico e uno con permesso di soggiorno scaduto; il datore di lavoro, quindi, è stato segnalato per impiego di manodopera clandestina e senza titolo autorizzativo a restare sul territorio italiano.
Riguardo le violazioni in materia urbanistica, è emerso che in uno dei laboratori erano state ricavate delle stanze dormitorio, dove i lavoratori riposavano tra i turni di lavoro, circostanza questa che ha permesso di ipotizzare, per una delle aziende tessili coinvolte, il reato di caporalato, anche tenendo conto delle dichiarazioni dei lavoratori, che hanno ammesso di lavorare dieci ore al giorno dal lunedì al sabato senza essere mai retribuiti.
Infine, l’approfondimento della posizione dei due laboratori tessili sequestrati ha permesso di accertare pendenze tributarie per 2,2 milioni di euro da parte delle 7 ditte, tutte amministrate da stranieri, che, a decorrere dal 2011, li hanno gestiti: si trattò di vere e proprie imprese “apri e chiudi” che, dopo essere divenute insolventi con l’Amministrazione Finanziaria, hanno trasferito personale e macchinari nella successiva impresa costituita ad hoc, che ha continuato a operare sempre nello stesso luogo, con gli stessi clienti e fornitori, cambiando solo il nome e la partita IVA.