Separazione delle carriere: sale la tensione tra le toghe per l’Anno Giudiziario

Dopo il via libera della Camera Anm sul piede di guerra: Md propone di abbandonare l’Aula quando parlerà il rappresentante del ministro.

Roma – Dopo il primo via libera alla Camera alla separazione delle carriere, sale la tensione dei magistrati. Il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che nei giorni scorsi aveva annunciato iniziative in vista delle cerimonie dell’Anno Giudiziario in Cassazione e nelle Corti d’Appello, va al contrattacco: “Quello che più stupisce è che si sia voluto blindare, impedire una discussione parlamentare su una riforma costituzionale di così delicato profilo come quella della riforma del potere giudiziario che tocca l’equilibrio dei poteri. Il fatto che si sia voluta blindare ci sconcerta e spero che si recupererà uno spazio di confronto, dialogo, discussione sul contenuto in vista del referendum e lì ci saremo”.

Santalucia sottolinea che “togliere il pm alla giurisdizione significa giocoforza ricollocarlo in un’altra posizione tra i poteri dello Stato che sono tradizionalmente giudiziario, esecutivo e legislativo. Tolta la vicinanza al potere giudiziario, questo pubblico ministero sarà inevitabilmente attratto nella sfera di influenza dell’esecutivo. Paradossalmente si crea una figura gigante del pm, autoreferenziale nella gestione delle sue carriere: è il segno di uno squilibrio”. E ancora il presidente dell’Associazione nazionale magistrati: ”Stanno squilibrando l’assetto dei poteri dello Stato e il riequilibrio non potrà che avvenire attraverso l’attrazione nella sfera dell’esecutivo”, ribadisce Santalucia aggiungendo che iniziative di mobilitazione dell’Anm punteranno alla ”spiegazione alla cittadinanza delle criticità del testo”.

Giuseppe Santalucia

Via tutti quando parla il rappresentante del ministro Carlo Nordio. Oppure con cartelli in mano a difesa della Costituzione. O magari presentarsi compatti in toga. Al Comitato direttivo centrale dell’Anm di oggi saranno discusse le possibili modalità di protesta dei magistrati. Le toghe sono sul piede di guerra: dopo l’annuncio di iniziative dell’Anm in occasione dell’Anno Giudiziario, interviene anche Magistratura Democratica. Mettere da parte forme di protesta “deboli e tiepide” e agire invece con “gesti visibili e determinati, in difesa della Costituzione” contro la separazione delle carriere. Con questo spirito i candidati e le candidate di Magistratura democratica alle prossime elezioni dell’Anm chiedono che, in occasione delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario, “i magistrati, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula, in forma composta, nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola”. Si tratta, dicono, di una “reazione davvero all’altezza delle aggressioni che, contro la Costituzione e i diritti dei cittadini, si vogliono portare con la riforma”.

“Questa soluzione non ha nulla di punitivo nei confronti della magistratura” invece per il presidente dell’Unione delle camere penali, Francesco Petrelli. “Al contrario – sottolinea – serve proprio all’efficienza della giustizia, all’efficacia del giudizio e quindi è una riforma che serve a tutti i cittadini. Il voto della Camera, è stato un voto che ha dato risalto alla necessità di operare quella riforma costituzionale della magistratura che noi da moltissimo tempo indicavamo come necessaria ad un riequilibrio all’interno del processo”.

Francesco Petrelli

Petrelli aggiunge che nel 2017 “abbiamo raccolto 72.000 firme di cittadini italiani a calce di un testo di riforma che per la prima volta indicava nella formazione di due distinti Csm, uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente, quella formula necessaria a garantire da un lato la terzietà del giudice, scritta nell’articolo 111 della nostra Costituzione, e dall’altro l’indipendenza e l’autonomia dei pubblici ministeri da ogni potere politico”. Per la senatrice della Lega e avvocato Giulia Bongiorno “per i cittadini à fondamentale una giustizia giusta, indipendente e anche veloce. Si tratta di una serie di successive riforme che ci stanno a cuore. Quella della separazione delle carriere invece attiene ai protagonisti della giustizia”.

Per il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto “la soddisfazione per questo primo passaggio non deve in alcun modo consentire distrazioni. Il meccanismo di riforma costituzionale previsto dall’articolo 138 comporta la necessità di ‘stare sul pezzo’ e, con determinazione, completare i quattro passaggi parlamentari necessari”. E chiarisce: “La vera decisione la prenderanno i cittadini con il referendum confermativo. In ogni caso, si tratta di un grande passo in avanti di questo governo, che dimostra ancora una volta di rispettare il programma condiviso con gli elettori”. 

Francesco Paolo Sisto

Critico invece il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari. ‘L’intento della riforma è evidente – sottolinea il dirigente sindacale – colpire l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura e assoggettare i Pubblici ministeri al potere esecutivo”. Ferrari rileva che “nessun beneficio ne deriverà per le persone comuni, non incidendo sui tempi del processo, né risolvendo, in alcun modo, la carenza degli organici che rappresenta il principale problema del sistema giudiziario. E nulla c’entra il garantismo, che non è nelle corde di un Governo che approva provvedimenti liberticidi come il Ddl sicurezza e inventa un reato al giorno utile più a fare propaganda che a garantire la sicurezza dei cittadini”.

In una intervista al ‘Giornale’ interviene anche Luca Palamara. “Nella mia trascorsa veste di magistrato e
di presidente dell’Anm
– afferma – ho, più volte, espresso la ferma contrarietà alla separazione delle carriere, privilegiando l’idea che pm e giudice dovessero avere la stessa formazione e cultura della giurisdizione. Nel tempo ho cambiato idea per un duplice ordine di ragioni. La prima perché nei fatti le carriere tra pubblico ministero e giudice sono già separate. Oggi i passaggi da una funzione all’altra sono sempre più rari, complice la progressione in carriera che impone una spiccata specializzazione delle funzioni stesse. In secondo luogo, tanti processi hanno evidenziato come sono sempre più rari i casi in cui il pubblico ministero sia portato a cercare prove favorevoli all’imputato”.

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