Il femminicidio, avvenuto nell’estate del 2020, vive un’altra fase cruciale del suo dibattimento processuale. Alessandro Pasini è infatti stato identificato come il presunto assassino nonostante l’uomo si professi estraneo ai fatti. Alcuni elementi lo hanno inchiodato in secondo grado.
BRESCIA – Colpevole di omicidio volontario, sentenza ribaltata in secondo grado. Alessandro Pasini, 48 anni, è dunque il presunto assassino di Sabrina Beccalli, 39 anni, morta ammazzata la notte di Ferragosto del 2020 a Crema. L’uomo è stato condannato a 18 anni e 8 mesi per omicidio volontario e distruzione di cadavere, oltre che per l’incendio dell’auto, reati uniti dal vincolo della continuazione.
Contestualmente è stata stabilita una provvisionale di 235mila euro a favore del figlio minorenne della donna e un’altra di 65mila euro per ciascuno dei tre fratelli della vittima. In primo grado Pasini era stato condannato a 6 anni di reclusione soltanto per distruzione e occultamento di cadavere. Il Pm Lisa Saccaro aveva chiesto una condanna a 28 anni di reclusione. Sull’antefatto, però, insistono ancora diversi dubbi. Anche la ricostruzione del presunto assassino convince poco. Sabrina aveva chiesto all’amico di trascorrere una serata spensierata, come altre ce n’erano state, nella casa che l’uomo aveva in uso.
Pasini parla poi di cocaina assunta da entrambi e di eroina, quest’ultima solo per sé stesso. L’uomo, spossato da alcol e stupefacenti, crolla in un sonno profondo. Dopo una mezz’ora avrebbe avvertito un forte rumore in fondo al corridoio. Pasini non riesce ad alzarsi e si riaddormenta. All’alba si risveglia e nota sul copriletto piccole macchie di sangue. Altre macchie rosse sulle pareti del corridoio e su un mobile nella lavanderia. L’uomo cerca Sabrina e la trova in bagno, riversa a testa in giù nella vasca con il volto coperto di sangue. Le pulisce il viso, tenta di rianimarla, prova a metterle il cellulare davanti alla bocca per vedere se si appanna. Il pensiero della compagna morta per droga vent’anni prima lo scuote e lo rende preda della paura. Infatti non chiama i soccorsi e decide di avvolgere il corpo esanime della donna in un copriletto per poi caricarlo sul sedile posteriore della Fiat Panda della vittima.
L’operazione lascia tracce di sangue ovunque. Poi Pasini, ormai preso dal panico, apre la chiavetta del gas con l’intenzione di bruciare casa, ma poi rinuncia. Brucerà con il gasolio l’auto della donna, ed il suo contenuto umano, in una zona isolata di campagna e quando gli inquirenti troveranno l’auto carbonizzata il cadavere di Sabrina verrà scambiato per quello di un cane. A detta di due veterinari. Tragedia nella tragedia. Dopo l’assunzione di droga Sabrina, già ferita da una botta alla testa, si dirigerà verso il ripostiglio e non in bagno, per come aveva intenzione di fare. Una volta guadagnato il gabinetto, in preda all’emorragia nasale e con due fratture alla mandibola, Sabrina stramazzava sul pavimento e spirava a seguito di una contusione mortale al cranio mentre Pasini l’avrebbe inseguita per tutto l’appartamento di proprietà della sua ex compagna, Susanna Lipani, di origini siciliane e madre di due figli.
Dopo una Camera di Consiglio durata 4 ore e mezza la Corte d’Assise d’appello di Brescia ha ribaltato la sentenza di primo grado riconoscendo l’uomo colpevole della morte di Sabrina. Nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Rita Anna Emilia Caccamo aveva chiesto 28 anni di reclusione, poi ridotti per il rito abbreviato. Secondo il procuratore generale, nel primo procedimento, non era stato dato il giusto peso ai comportamenti dell’imputato, che avrebbe tentato di depistare le indagini, così da evitare ogni addebito. Dello stesso parere l’avvocato Antonino Andronico, parte civile per le sorelle di Sabrina, Simona e Teresa, e il fratello Gregorio.
Per gli avvocati Stefania Amato e Paolo Sperolini, difensori del presunto assassino, non c’era alcuna prova dell’evento delittuoso ancorché Pasini, alla fine, aveva ammesso di avere bruciato il corpo della donna per timore di vedersi incolpato di un fatto che secondo lui non aveva commesso, convincendo i giudici di primo grado: “A Sabrina volevo bene – diceva Pasini – era mia amica da una vita, sin da quando eravamo ragazzini. Ci vedevamo spesso e ci piaceva vederci. Ma non volevamo complicazioni sentimentali”. Dopo le motivazioni appare scontato il ricorso in Cassazione.