Un'altra tegola si abbatte sul governo Conte. Le scuole paritarie invocano sostegni concreti. Allo Stato non chiedono privilegi né elemosina ma di riconoscere il servizio pubblico che queste realtà assicurano. Ci vogliono i fondi ma dove li prenderanno?
“… Senza un intervento serio dello Stato, il 30% delle scuole paritarie sarà destinato a chiudere entro settembre. Si continua a erogare un servizio pubblico e non ci sono più soldi per pagare i dipendenti; si pagano tutte le utenze ma non arrivano rette sufficienti per far fronte alle spese di gestione. Siamo oltre il limite, non ci sono le condizioni per arrivare fino a giugno 2020, se non indebitandoci ulteriormente…”.
Questa dichiarazione della Conferenza dei religiosi e delle religiose in Italia CISM e USMI è stata accolta dalla CEI (Conferenza episcopale italiana), che ha affermato: “… Allo Stato non si chiedono privilegi né elemosina, ma di riconoscere il servizio pubblico che queste realtà assicurano. Intervenire oggi – con un fondo straordinario, destinato alle realtà paritarie o con forme di sostegno, quali la detraibilità delle rette, alle famiglie – è l’ultima campanella…”.
Alcuni parlamentari, in maniera trasversale, hanno fatto sentire la loro voce, presentando diverse interpellanze al governo, richiamando le ragioni di un doveroso intervento a favore della scuola paritaria, di là da ogni ideologia. La scuola è la prima impresa di un Paese democratico, il reale volano dello sviluppo sociale ed economico. La scuola paritaria, con 900 mila studenti, 180 mila tra docenti e operatori scolastici e 12 mila sedi, distribuite su tutto il territorio nazionale, è una parte importante di questo sviluppo.
La scuola pubblica paritaria non è una scuola di borghesi, di élite, ma è costituita, in buona parte, da una popolazione scolastica fatta da famiglie che hanno fatto una scelta educativa per i propri figli e che ora sono in difficoltà nel pagare la retta mensile.
Non è più il tempo del silenzio, per questo si chiedono al governo non mezze misure, ma un gesto di coraggio e di giustizia sociale. Si deve dare compimento all’articolo 33 del dettame costituzionale e alla legge 62/2000, che da 20 anni regola le scuole paritarie, riconoscendole così come accade in tutti i Paesi europei, assegnando anche a queste un fondo straordinario e garantendo la detraibilità del 100% delle rette sostenute dalle famiglie.
Si chiede inoltre al governo di: aiutare la famiglia a scegliere la scuola in tempi di COVID-19; dare un futuro alla nazione, salvando oggi la scuola e il pluralismo educativo; evitare il dramma di un costo aggiuntivo, che peserà sui cittadini già fiaccati a fronte della perdita di questo comparto.
La riapertura delle scuole a settembre segnerà l’effettiva rinascita del Paese, dopo questo inverno sociale, economico e culturale. Per far fronte all’emergenza del Coronavirus nelle scuole che avranno bisogno di garantire un sufficiente “distanziamento sociale”, le scuole paritarie offrono al governo l’opportunità di utilizzare parte dei propri edifici, in una sorta di “patto educativo e civico”.
La terapia efficace per una pronta guarigione consente, con il vaccino, di bloccare il progredire del male che tende a diffondersi, ed ecco un vaccino efficace per la scuola italiana: definire il costo standard per studente, che apporta un notevole risparmio allo Stato, e assegnare alle famiglie un bonus da spendere o nella scuola statale o nella scuola paritaria.
Si garantisce così la libertà di scelta educativa, principio sancito dalla Costituzione e non si può far finta che tale valore non sia essenziale, solo perché mancano i soldi. La possibilità del risparmio di due milioni di euro con l’approvazione del costo standard di sostenibilità per allievo, ha come rovescio della medaglia il maggiore aggravio che lo Stato si troverebbe a sostenere qualora dovesse accogliere nelle scuole statali, con molte strutture carenti e inadeguate, i novecentomila studenti delle scuole paritarie.
In questa particolare emergenza segnata dal COVID-19, è urgente mettere da parte la litigiosità e la mancanza di coesione dettata da preconcetti ideologici e costruire un nuovo cammino di cooperazione nel rispetto della libertà e del pluralismo.