Prime schermaglie interne al Partito Democratico dopo l’incoronazione di Elly Schlein a segretaria. La nuova leadership sembra avere le idee chiare, a discapito delle correnti alternative. Il vero purosangue però si vede a lunga corsa.
Roma – Sono passati pochi giorni dall’annuncio della nuova segreteria del PD da parte di Elly Schlein. Ma, al di là di ogni dichiarazione rilasciata dai diversi esponenti dem, la situazione sembra più aggrovigliata di quanto possa sembrare. La parola d’ordine pare essere “attesa”, ma il malcontento da parte dei “bonacciniani”, e non solo, è più che palpabile.
Ogni compromesso di alto profilo è stato respinto. È come se la nuova segretaria non si fosse resa conto che l’apparato dem, quello degli iscritti ai circoli, sia maggioritario rispetto al voto degli esterni al partito e dei gazebo. È chiaro che chi vince deve imprimere la propria linea, ma è abbastanza rischioso porre ai margini del partito tutte le aree che fanno riferimento, per esempio, ai candidati delle primarie come Cuperlo e De Micheli. Non è, insomma, un bell’esempio di democrazia e condivisione. L’unione rende forti, mentre gli strappi usurano il tessuto dem, già provato da tante divisioni, presunzioni e invidie. Certo i giudizi si danno a posteriori e non a priori, altrimenti si rischierebbe di fare il processo alle intenzioni, ma non vi è stata adeguata ripartizione tra le correnti interne.
Indipendentemente da ogni valutazione e del tempo necessario per comprendere come verranno rappresentate le varie sensibilità, servirà anche che si sciolga il nodo di come viene interpretata la segreteria per i cattolici e riformisti. Avere, in ogni caso, una leader che abbia deciso una “squadra” a sua immagine e somiglianza è forse il problema minore. Mentre, invece, porsi il problema del pluralismo è opportuno. In ogni caso, servirebbe una migliore sintesi e rispetto tra le culture presenti nel Pd.
Non solo quelle fondative del partito, ma anche quelle che sono emerse ed espresse da Elly Schlein. Non è un caso che molti esponenti della società civile e della sinistra siano i maggiori supporter e sponsor di una linea radicale, che si avvicina alle radici di altri movimenti e partiti d’area. Quello che emerge, nel panorama piddino, è che non si può continuare a vivere per contrapposizioni, senza almeno fare una analisi politica, sul comune sentire dei vari riferimenti politici.
Proprio per questi motivi vi sono alcuni parlamentari che invocano un cammino, per tematiche, che sia una sintesi delle diversità interne. In caso contrario lo “strappo” è conseguenziale. In questo nuovo assetto, i cattolici-democratici come si porranno…? Il Pd, che non ha dimostrato di avere buona memoria, non ha voluto adottare adeguati anticorpi dei trascorsi renziani. Così deve nuovamente destarsi dai sogni e rendersi conto che qualsiasi “rottamatore”, una volta al potere, oltre a far fuori i “vecchi soloni”, fa peggio dei rottamati, con buona pace della democrazia.
E se ciò potrebbe anche essere utile ad imprimere una nuova linea politica, sicuramente non agevola il percorso. Così la Schlein ha seguito quella che è semplicemente una legge dell’animo umano e s’è presa tutto, ai danni delle minoranze. Rinnovamento e cambiamento sono sempre parole che fanno breccia nell’animo umano.
Parole, che però, molto spesso, confliggono con la voglia di supremazia e forse di democrazia. In ogni caso, chi ha pensato che bastasse candidarsi alle primarie per uscire dall’oblio e avere riconoscimenti politici è rimasto deluso. Così la “pasionaria rossa” ha trattato, per convenienza, solo con Bonaccini, senza considerare tutti gli altri concorrenti alla segreteria, che sono rimasti delusi e privati da ogni ruolo. Schlein, in particolare, sembra stia giocando, anche se in parte insieme ai suoi più stretti collaboratori, una partita con una personalizzazione eccessiva. Il Pd, dunque, con una donna sola al comando. Sofferenza e mugugni, com’era prevedibile, sono ovunque. Attesa una inversione di rotta, ma attenzione agli scogli…!