In diretta social il vicepremier torna a parlare della possibilità di tornare al Viminale e dice: “Adesso al ministero c’è un amico”.
Roma – Matteo Salvini torna a parlare della possibilità di tornare al Viminale. Un’ipotesi che è trapelata dopo l’assoluzione nel processo Open Arms. “Chissà se un domani non tornerò a occupare anche di sicurezza in questo Paese”, ha detto il vicepremier e leader della Lega in una diretta social, rispondendo al messaggio di un follower che lo esortava a tornare a fare il ministro dell’Interno. “Sicuramente occuparsi della sicurezza degli italiani, contrastare l’immigrazione, la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, la tratta di esseri umani, lo spaccio di droghe è qualcosa di fondamentale. C’è un amico adesso al ministero dell’Interno, si chiama Matteo Piantedosi”.
Subito dopo la sentenza sul caso Open Arms, a chi gli chiedeva se il suo ritorno al Viminale fosse possibile, aveva risposto “Ragioneremo con la premier Meloni e il ministro Piantedosi”. Interpellato sull’ipotesi di rimasto Matteo Piantedosi, in un’intervista a La Stampa, aveva risposto: “È una discussione che non mi coinvolge e alla quale non partecipo. Mi è stato affidato il compito di guidare da ministro l’istituzione a cui ho dedicato tutta la mia vita, senza che abbia mai chiesto di farlo. E fino a quando mi sarà richiesto mi interessa solo far bene il mio lavoro”.
Piantedosi aveva aggiunto: “Da 36 anni lavoro al Viminale e nessuno meglio di me può comprendere i sentimenti di Salvini, in primis la gratitudine verso forze di polizia, vigili del fuoco, prefetture, apparati del dicastero: migliaia di uomini e donne impegnati a garantire la sicurezza. E, con ciò, affermando l’essenza più profonda dello Stato. Un ministro dell’Interno non occupa un posto di potere ma svolge un alto incarico al servizio della collettività, è normale che una simile esperienza ti affascini e ti rimanga nel cuore”. Quello che è chiaro è che le idee e la politica del leader della Lega da ministro dell’Interno sono stati al centro del dibattimento di Palermo, che ha costituito un caso politico oltre che giudiziario.