L'Italia dovrebbe dotarsi anche di un centro di stoccaggio per i rifiuti radioattivi che negli anni abbiamo sbolognato, pagando smaltimento e deposito a caro prezzo, a diversi Paesi europei e che adesso fibrillano per restituirceli. Poi c'è il problema dei rifiuti radioattivi meno pericolosi che nessuna regione vuole avere sotto casa.
Roma – Un coro di “no”. A volte succede anche in Italia che arrivi una proposta in grado di mettere tutti d’accordo. O in disaccordo. In mezzo a tanti discorsi inutili su green new deal, rispetto dell’ambiente e lo slogan “salviamo il pianeta”, appare paradossale il via libera del ministero dello Sviluppo e del Ministero dell’Ambiente alla Sogin.
Per chi non lo sapesse si parla della realizzazione di un deposito di rifiuti radioattivi (anche quelli che torneranno da alcuni Paesi europei ai quali li avevamo rifilati pagando fiori di milioni) per i quali sono state individuate 67 aree potenzialmente idonee, per sette regioni: Puglia, Toscana, Lazio, Piemonte, Sicilia, Sardegna e Basilicata.
Dai documenti pubblicati da Sogin – società statale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari – si tratterebbe di stoccare i rifiuti radioattivi di media e bassa entità della penisola a seguito di “un lavoro coordinato congiuntamente dai due ministeri, atteso da molti anni”.
Dal documento si specifica anche che l’Italia è attualmente in procedura d’infrazione nella gestione dei rifiuti radioattivi, che attualmente sono stoccati in una ventina di siti provvisori e non idonei allo smaltimento definitivo. Ora partirà la consultazione, per la durata di due mesi. Al termine, nell’arco di ulteriori quattro mesi, si terrà il seminario nazionale.
Il progetto verrà sottoposto al parere del ministero dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo Isi, del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del ministero dell’Ambiente. 900 milioni di euro di investimento per 4mila di posti di lavoro tra diretti, indiretti e indotti. Queste sono le buone notizie. Il tutto per un’area di 150 ettari (110 per il deposito e 40 per il Parco Tecnologico).
“…Una struttura a matrioska – spiegano da Sogin – 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle dove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati…Per un totale di 78mila metri cubi di rifiuti a bassa e media entità…”.
Tutto sicuro e a prova di inquinamento? Sembrerebbe così, ma la gente non si fida. E non si può dare torto alla popolazione, considerati i precedenti disastrosi del Paese sulla gestione dei rifiuti “solidi urbani”. I dubbi ci sono, le domande sono tante: e se andasse storto qualcosa? Se ci fosse superficialità? Se il personale, nella migliore tradizione italiana, non fosse qualificato ma raccomandato e incompetente?
Anche dalle regioni arrivano le prime reazioni: Christian Solinas, governatore della regione Sardegna, parla di un “atto di arroganza da parte dello Stato e oltraggio alla Sardegna”. Secondo Solinas “indicare 14 siti in Sardegna su 67 individuati complessivamente in Italia per la realizzazione del deposito unico dei rifiuti nucleari rappresenta l’ennesimo atto di arroganza e prevaricazione di uno Stato e un Governo che non hanno rispetto per l’isola e per la volontà chiaramente espressa dal popolo Sardo, in maniera definitiva ed irrevocabile, con un referendum ed una legge regionale”.
E promette barricate. Gli fa immediatamente da eco Vito Bardi, presidente della regione Basilicata che tramite una nota firmata anche dall’assessore dell’Ambiente Gianni Rosa, si opporrà con tutte le sue forze a qualsiasi ipotesi di ubicazione nel territorio del deposito.
Si accoda anche il ministro Speranza, che segnala la Basilicata come non idonea e quindi “da escludersi in vista della valutazione definitiva”. Dalla Puglia Michele Emiliano ribadisce “la netta contrarietà della regione”, così come Alberto Cirio che tuona dal Piemonte contro la decisione definita “inaccettabile e assunta senza confronto”.
Anche i sindaci della Val d’Orcia e Val di Chiana alzano la voce, definendo la proposta “irricevibile e non negoziabile” in un territorio che è patrimonio dell’Unesco. “Vogliono far diventare il centro Sicilia la pattumiera d’Italia, noi non ci stiamo, non siamo una discarica”, afferma con rabbia il sindaco di Caltanissetta Roberto Gambino.
Anche il leader della Lega Matteo Salvini accusa il Governo, che definisce “incapace, arrogante e pericoloso”. Critiche e nervosismo anche da parte delle associazioni ambientaliste, con Greenpeace che si dice in disaccordo sulla scelta dell’Italia di dotarsi di un solo deposito nazionale “che ospiti a lungo termine i rifiuti di bassa attività e, temporaneamente, i rifiuti di media attività”.
Sulla stessa linea anche Coldiretti: “…In un Paese che può contare sull’agricoltura più green d’Europa – dice il presidente Ettore Prandini – le necessarie garanzie di sicurezza vanno accompagnate da una forte attenzione al consumo di suolo, evitando nuovi insediamenti con il riutilizzo e la bonifica di aree industriali dismesse…”.
E certo, qualità e sicurezza risentirebbero negativamente di una simile realtà. Si prepara dunque un nuovo scontro: riqualificazione, innovazione (anche se in un contesto scomodo) e opportunità di lavoro da una parte, tutela del territorio e della salute dall’altra. Le scommesse sono aperte.
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