I dati dell'Istat sono lapidari: il 70% delel aziende sono nei guai e gran parte di queste hanno chiuso per sempre ed altre chiuderanno in tempi brevi. Il prossimo futuro si prospetta senza figli. Un problema estremamente serio che deve essere risolto..
Roma – L’Istat ha presentato il suo rapporto annuale 2020. Nello specifico molta importanza è stata data agli effetti della pandemia sull’economia e sulla società italiana. Dal documento emerge che nel primo trimestre 2020 il blocco parziale delle attività connesso alla crisi sanitaria ha determinato effetti diffusi e profondi. Il Pil si è contratto del 5,3% su base congiunturale, segnando una caduta della domanda dei consumi privati del 6,6% rispetto al trimestre precedente, gli investimenti hanno evidenziato una regressione dell’8,1%, mentre vi è stato un contributo positivo delle scorte. Sul fronte degli scambi con l’estero, il calo delle esportazioni è stato più intenso di quello delle importazioni, con rispettivamente -8,0% e -6,2%.
Note dolenti sono state registrate anche sotto il punto di vista della produzione. Le misure di contenimento dell’epidemia hanno provocato una contrazione riduzione dell’attività economica per una larga parte del sistema produttivo: oltre il 70% delle imprese ha dichiarato una riduzione del fatturato nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, di cui più del 40% ha riportato una caduta maggiore del 50%.
Le problematiche produttive non hanno tardato a provocare serie conseguenze anche sul mondo del lavoro. Dopo il ristagno dell’inizio del 2020, a marzo e più marcatamente ad aprile, gli occupati hanno registrato un calo di circa 450mila posti di lavoro in meno di due mesi. A causa delle limitazioni nella possibilità di azioni di ricerca di lavoro, l’effetto della crisi ha determinato un aumento dell’inattività e un calo del tasso di disoccupazione del 6,3%. Le stime provvisorie relative a maggio indicano un rallentamento della discesa dell’occupazione con una diminuzione congiunturale di 84mila unità e oltre 600mila occupati in meno rispetto allo stesso mese del 2019. Prosegue, invece, la veloce caduta della componente con contratti a termine. Allo stesso tempo, la graduale riapertura delle attività favorisce il riemergere della ricerca di lavoro e il tasso di disoccupazione sale al 7,8%. I lavoratori che hanno dichiarato di essere in cassa integrazione guadagni (Cig) sono quasi 3,5 milioni ad aprile. Inoltre la sospensione delle attività ha determinato un aumento senza precedenti degli occupati che non hanno lavorato: circa un quarto del totale a marzo e oltre un terzo ad aprile (pari a quasi 7,6 milioni).
L’impatto del Covid-19 non ha risparmiato nemmeno le famiglie. La rapida caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post virus. Secondo le recenti statistiche, un primo calo potrebbe aggirassi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021. La prospettiva peggiora ulteriormente se agli effetti indotti dai fattori di incertezza e paura si aggiungono quelli derivanti dallo shock sull’occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021. Il numero effettivo dei figli che le coppie riescono a generare non riflette il diffuso desiderio di maternità e paternità presente nel nostro Paese. Sono solo 500mila gli individui tra i 18 e i 49 anni che affermano di non avere la maternità/paternità nel proprio progetto di vita. Sebbene la pandemia sembra ormai alle spalle, davanti a noi si sta materializzando un periodo ancora più duro. Un lasso di tempo imprevedibile che andrà a sconvolgere il mondo per come lo conoscevamo, sia sotto il profilo occupazionale/produttivo che sociale/familiare. Mala tempora currunt.