In aumento licenziamenti e dimissioni delle neo-mamme costrette a rinunciare ad un reddito spesso essenziale per la stessa sopravvivenza del nucleo familiare.
Roma – Nel 2020 in Italia è ancora difficile conciliare lavoro e maternità. Secondo una nota diffusa dell’ispettorato del Lavoro nel 2019 sono state oltre 37mila le lavoratrici neo-mamme che si sono dimesse dal proprio impiego, mentre i papà sono stati 14mila. Il computo totale ha visto una crescita del 4% rispetto alle stime del 2018. In totale, dunque, sono stati emessi 51.558 provvedimenti di convalida delle dimissioni e risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri.
Il report consente la possibilità di analizzare più nel dettaglio i dati: gli ispettorati territoriali del Lavoro ne hanno adottati 47.759 (circa 93%); i servizi ispettivi della Sicilia 1.883 (circa 4%); la provincia autonoma di Bolzano 1.092 (2%) e la provincia autonoma di Trento 824 (circa 2%). Ha trovato conferma la prevalenza (oltre il 98% del totale) delle convalide relative a dimissioni, censite in numero di 50.674 (a fronte delle 47.410 del 2018) di cui: 49.008 per dimissioni volontarie (oltre 95%) e 1.666 per giusta causa (oltre 3%). Molto bassa invece la cifra delle risoluzioni consensuali, pari a 884 (circa il 2%), in decremento rispetto alle 2.041 dell’anno 2018.
Tra i sindacati che sono intervenuti sulla questione c’è stata la Cgil che ha evidenziato il grave problema:
“…L’ennesima allarmante conferma – dichiarano la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti e la responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale Susanna Camusso – della difficoltà di essere madri e lavoratrici e di quanto siano necessarie forme positive di flessibilità del lavoro. chiediamo un incontro al governo: l’occupazione femminile deve essere al centro dell’agenda per la ripartenza del Paese…. Oltre alla difficoltà di bilanciare occupazione e maternità, non solo in termini di giornate di congedo, emerge poi in modo evidente il cronico disinvestimento nella scuola per l’infanzia (0-6)…Un servizio non sufficiente, con costi spesso troppo alti, e addirittura assente in alcune parti del Paese. La politica dei bonus non riduce questo divario: occorrono forti investimenti strutturali…”.