Rogo alla Thyssen: il colpevole in semilibertà, per i familiari fine pena mai

Anniversario di rabbia e dolore per le sette vittime decedute nell’incendio del 2007. Nessuno dei condannati è più in cella e l’ex amministratore delegato Harald Espenhahn ci va solo a dormire.

TORINO – Lo scorso 6 dicembre, presso il cimitero monumentale, si è svolta la 17ma commemorazione delle 7 vittime decedute nel 2007 durante l’incendio nello stabilimento della ThyssenKrupp. Alla mesta cerimonia hanno partecipato i familiari delle vittime, che chiedono ancora giustizia. Dopo una lunga e controversa vicenda processuale, l’allora amministratore delegato dell’azienda tedesca, Harald Espenhahn, venne condannato a 9 anni e 8 mesi per omicidio volontario con dolo eventuale assieme ad altri dirigenti riconosciuti colpevoli di omicidio e incendio colposi. Espenhahn, che si trova ancora in regime di semilibertà, avrebbe iniziato a scontare la pena soltanto dall’anno scorso: ”Per noi giustizia non è stata fatta – ha detto Rosina Platì, madre di Giuseppe De Masi, una delle vittime – Dicono che la legge è uguale per tutti, ma non è vero. Le condanne ci sono state ma, di fatto, non sono mai state eseguite. Se le morti sul lavoro non si fermano è anche perché la giustizia non funziona”.

Il terribile incendio che provocò la morte di 7 operai

Era la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007. Un violentissimo incendio si sviluppa nella sede dell’acciaieria tedesca e uccide sette operai rivelando le fragilità di un sistema industriale poco incline alla sicurezza dei lavoratori e proteso soprattutto al profitto economico. Dopo la mezzanotte le fiamme, innescate dalle scintille sprigionatesi da un irregolare scorrimento del nastro contro la carpenteria metallica, avvolsero la linea 5 dell’acciaieria. Gli operai furono travolti da un’improvvisa enorme fiammata. Una nube di fuoco alimentata da carta intrisa d’olio, segatura e altra immondizia. In sette non ne usciranno vivi: il primo operaio, Antonio Schiavone, muore dopo poche ore nonostante i soccorsi.

Tra il 7 e il 30 dicembre altri sei operai, per la gravità delle lesioni riportate, perderanno la vita: Giuseppe De Masi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Bruno Santino. Il più giovane aveva 26 anni. Soltanto Antonio Boccuzzi si salverà dalla drammatica tragedia. La Thyssenkrupp è una delle più grandi multinazionali specializzate nella lavorazione dell’acciaio. Lo stabilimento di Torino, che avrebbe dovuto chiudere i battenti già nel 2005, era in via di dismissione perché ormai considerato obsoleto, fra le altre criticità. La chiusura era stata rinviata a causa di una serie di imprevisti, tra i quali un precedente incendio che aveva bloccato la produzione in un altro stabilimento. Nei giorni del devastante incidente l’impianto si trovava a corto di personale a seguito di licenziamenti e trasferimenti nello stabilimento di Terni e gli operai rimasti erano costretti a turni straordinari massacranti pur di mantenere il proseguo costante della produzione.

Vittime del profitto a tutti i costi

La notte del rogo, infatti, due operai stavano facendo un turno di 12 ore, con 4 ore di straordinario già al loro attivo. Quel maledetto incendio, in parte annunciato, ha dimostrato che in certe realtà industriali i soldi rappresentano il bene primario da perseguire a tutti i costi. Mentre la sicurezza delle vite umane viene dopo e poco importano i pericoli, i rischi, gli incidenti e gli infortuni che continuano a dilagare a macchia d’olio e non solo nei grandi complessi industriali. Se a questo aggiungiamo dispositivi di sicurezza non a norme e macchinari spesso manomessi, il lavoratore non ha scampo in caso di sinistri come quello di una delle più grandi aziende siderurgiche europee. Per quel disastro sono stati condannati a 6 anni e 3 mesi Gerald Priegnitz (datore di lavoro e responsabile amministrativo) e Marco Pucci (datore di lavoro e responsabile commerciale).

Harald Espenhahn

A 6 anni e 8 mesi Cosimo Cafueri (responsabile del servizio prevenzione e protezione); 7 anni e 2 mesi Raffaele Salerno (ex direttore dello stabilimento) e a 7 anni e 6 mesi Daniele Moroni (responsabile investimenti antincendio). La pena più severa, come abbiamo accennato, è stata per l’ex amministratore delegato e datore di lavoro Harald Espenhahn, con 9 anni e 8 mesi di carcere: ”Ricorderò sempre le parole che mi disse una mamma anni fa – ha raccontato Antonio Boccuzzi, unico superstite – La Thyssen ha tolto il lavoro a mio figlio e ne ha dato uno a me: quello di venire a pulire la sua tomba…”.

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