Riforma della separazione delle carriere: oggi lo sciopero dei magistrati

L’astensione, nonostante il cambio al vertice dell’Anm, è stata confermata. Parodi: “E’ un momento delicato, non possiamo commettere errori”.

Roma – Va in scena oggi lo sciopero indetto dall’Associazione nazionale magistrati contro la riforma della separazione delle carriere, approvata in prima lettura alla Camera giovedì scorso. Il comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe ha confermato quanto già deliberato nell’assemblea straordinaria svolta lo scorso dicembre. “Ogni fascicolo in mano alle toghe scioperanti” deve essere “marchiato con la lotta contro la riforma del governo”: la Giunta esecutiva centrale dell’Anm avrebbe inviato un manifesto contro la riforma della giustizia ai colleghi di tutta Italia. Si tratta, come riporta il Tempo, di un testo da copia-incollare nei decreti dei giudici, che oggi rinvieranno le udienze per scioperare. Un modo, insomma, per “illustrare le ragioni per cui partecipano all’astensione”.

L’idea, secondo il quotidiano romano, prenderebbe spunto dall’iniziativa del giudice Antonio Cirma, della III sezione civile del Tribunale di Napoli Nord, che nel botta e risposta tra il sottosegretario Andrea Delmastro e la magistratura in merito alle “toghe rosse” che hanno condannato l’esponente di Fratelli d’Italia per il caso Cospito, ha inserito in un decreto di differimento di un’udienza, spostata dal 27 febbraio al 27 marzo, il comunicato con cui l’Anm aveva risposto a Delmastro. E ancora, indossare una coccarda tricolore in tutte le udienze civili e penali “da qui allo sciopero del 27 febbraio“, avevano deciso le toghe.

Sciopererò anch’io, anche se sarò in ufficio a lavorare. Però formalmente sciopererò, perché sono contrario alla separazione carriere, che non serve ed è un falso problema. I problemi della giustizia sono altri“, afferma il procuratore Nicola Gratteri, che aggiunge: “La magistratura ha grandissime responsabilità e ha commesso tanti errori, soprattutto le correnti della magistratura. In questi anni abbiamo fatto degli assist enormi e notevoli al potere politico, dal caso Palamara (e non solo) in poi. Però abbiamo il dovere di dire che la separazione del carriere è un non problema, perché di fatto già esiste”.

Il magistrato ricorda che ogni anno solo tre o quattro magistrati chiedono di passare dal ruolo di pm a giudice e viceversa: “E se lo fanno, devono cambiare regione. Quindi, dov’è il problema? Addirittura dobbiamo scomodare una modifica della Costituzione per tre o quattro persone? Adesso è uscito un bando di oltre quattrocento posti, ma questa volta ci saranno più persone che da pm vorranno diventare giudice, perché hanno paura che si passi al secondo step. Infatti, il secondo passaggio che la politica potrebbe fare è quello che il pm passi sotto l’esecutivo. Questa è la nostra paura, che i pm non siano indipendenti come lo sono ora”.

Antonio Di Pietro

Anche Antonio Di Pietro, pubblico ministero all’epoca di Mani Pulite, a proposito della riforma la pensa diversamente dai colleghi. “Fino a prova contraria, – afferma – la separazione delle carriere dei magistrati – per come prospettata finora dal Palamento – non modifica in alcun modo l’articolo 104 della Costituzione, a norma del quale la magistratura – sia quella giudicante che inquirente sono e restano un ordine indipendente da qualsiasi altro Potere dello Stato, e, quindi, demonizzare la riforma a priori (solo perché lo aveva detto anche Berlusconi) mi pare una forzatura ideologica non corrispondente alla realtà dei fatti”.

Nonostante il cambio della guardia alla guida dell’Anm, con l’elezione di Cesare Parodi, lo sciopero è stato confermato. “Non possiamo rinunciare a nessuna strada per la difesa della magistratura, è un momento delicato e non possiamo commettere errori”, ha affermato. Nel corso del dibattito il magistrato aveva sottolineato come la sua corrente “non avrebbe fatto un passo indietro su nulla”. “Condividiamo assolutamente – sono state le sue parole – ogni punto di questa battaglia. Noi siamo comunque un potere dello Stato, siamo cittadini che stanno portando avanti una battaglia per difendere la Costituzione su cui abbiamo giurato. Io credo che sia legittima almeno la nostra richiesta in tempi brevi”. 

E ancora, tanto per ribadire la sua posizione: “Sappiamo che le leggi le fa il Parlamento, le decide il Governo, ma come tutti gli altri cittadini possiamo dire la nostra e far valete le nostre ragioni”. Un riferimento chiaro e netto tanto alla riforma della giustizia voluta dal governo e avversata dalla quasi totalità della magistratura associata – che ha monopolizzato gli interventi del Comitato direttivo – quanto anche allo sciopero indetto per il 27 febbraio. Che resta confermato, con buona pace di chi credeva che con i nuovi vertici lo scontro sulla riforma fosse archiviato. “Lo sciopero è stato deliberato – aveva spiegato infatti Parodi subito dopo l’elezione – oggi non è stato revocato”.

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