Il pericolo di grossi investimenti mafiosi nel settore dei rifiuti speciali che riguardano la filiera del Covid-19 è reale e sotto gli occhi di tutti. Anche qualche decreto discutibile potrebbe dare un'aiutino a chi intende procacciarsi proventi illeciti. La Dia di Milano mette in guardia il Parlamento.
Milano – Finito il lockdown le organizzazioni criminali hanno ricominciato le loro attività in maniera ancor più famelica. Per molti criminali la pandemia ha significato nuove possibilità d’investimento e l’allargamento del proprio business. In particolar modo il traffico dei rifiuti speciali, prodotto dal Covid-19, potrebbe essere la nuova frontiera del mercato mafioso. Attraverso una fitta rete di prestanome molte società, potenzialmente vicine a individui collusi, sarebbero già in possesso di autorizzazioni per la gestione dei rifiuti speciali e per la sanificazione degli ambienti. A lanciare l’allarme è stata Alessandra Dolci, responsabile della Dia di Milano. In una recente audizione in commissione rifiuti alla Camera dei deputati, la Dolci ha evidenziato il pericolo reale:
“…In generale – ha affermato il capo della Dia Milanese – è stato rilevato l’interesse della criminalità organizzata a sfruttare l’occasione offerta dalla pandemia. Non posso non riferirmi anche al “decreto Liquidità” che offre l’opportunità di incamerare illecitamente dei finanziamenti. Abbiamo sul territorio una serie di attività investigative in essere che danno conto dell’interesse delle organizzazioni criminali presenti sul territorio, nello specifico la ‘ndrangheta, nel settore del traffico dei rifiuti, anche di rifiuti Covid. Abbiamo colto una progettualità in divenire e ovviamente siamo presenti con attività investigative…”
In realtà il capo della Dia aveva sottolineato questo problema già un mese fa, in piena crisi pandemica: “…Dai nostri sensori sul territorio possiamo affermare che esponenti della ‘ndrangheta che operano in Lombardia sono in fibrillazione e dimostrano un grande interesse per l’accaparramento di presidi sanitari, e non solo…”. Alessandra Dolci aveva anche descritto minuziosamente i campi d’interesse e la relativa allerta che questa situazione avrebbe potuto provocare. Detto, fatto: “…Le mascherine chirurgiche, le tute e i dispositivi di protezione personale in genere – aveva evidenziato Dolci – i kit sierologici, probabilmente truffaldini, per i quali ci sono contatti con la Cina e possibilità di grandi ricarichi sul prezzo. L’attività di sanificazione, dall’ufficio al condominio. Purtroppo, devo dire anche le onoranze funebri, diventate anche queste un affare dato il picco di decessi dovuti a Covid-19…”.
La situazione si sarebbe poi aggravata con le ordinanze emesse dalla Regione Lombardia il 1° aprile e il 29 maggio:“…Ci ha colpito – ha continuato Dolci davanti all’assise parlamentare – perché prevede, ad esempio, un’autorizzazione in deroga allo stoccaggio di un quantitativo di rifiuti superiore del 20 per cento rispetto all’autorizzazione che viene rilasciata alle società. L’emergenza rifiuti, a mio giudizio, non giustifica un aumento della capacità ricettizia…In Lombardia le società regolarmente registrate sono circa 3.500 e gran parte sono in regime semplificato. In virtù dell’ordinanza del primo aprile per l’aumento di capacità del 20 per cento per il deposito di ogni tipo di rifiuto sia sufficiente una dichiarazione alla Città metropolitana, Arpa e Prefettura, e ciò non si giustifica con l’emergenza Covid…”.
Sostanzialmente queste società hanno goduto di una maggiore capacità ricettizia senza, però, un congruo aumento della fidejussione. Quindi, in pratica, senza alcun tipo di vincolo.