Regali a dirigenti e funzionari pubblici per vincere gli appalti: undici a giudizio a Palermo

L’ipotesi d’accusa ruota attorno alle presunte tangenti (cene, gioielli, assunzioni per parenti e amici) elargite dalla cooperativa Nido d’Argento di Partinico.

Palermo – Regali di ogni tipo, dalle bottiglie di olio e cene in ristoranti di lusso, a gioielli pregiati come una collana di smeraldi del valore di 1.800 euro, fino ad arrivare ad assunzioni per parenti e amici: questi sarebbero stati gli omaggi ricevuti da dirigenti e funzionari pubblici da parte della cooperativa “Nido d’Argento” di Partinico. L’obiettivo, secondo gli inquirenti, era garantire l’aggiudicazione di numerosi appalti per servizi socio-assistenziali nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento. Ora, otto persone coinvolte nell’inchiesta dei Carabinieri, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido a partire dallo scorso 11 aprile, sono state rinviate a giudizio, mentre altre tre hanno richiesto di patteggiare la pena.

Nel dettaglio, hanno optato per il processo ordinario Nicolò Fiocca, ex ragioniere capo del Comune di Marsala, Maria Pia Falco, ex funzionaria del settore Servizi Sociali di Marsala, Giuseppe Chiaramonte, dipendente della cooperativa, Salvo Lo Biundo, ex sindaco di Partinico, e Antonio Geraci, presidente della commissione aggiudicatrice di una gara del Comune di Gela. Saranno invece giudicati con rito abbreviato Michela Sclafani, funzionaria della Città Metropolitana di Palermo, il marito Giovanni Dalia, e Gaetano Di Giovanni, comandante della polizia municipale e capo di gabinetto del sindaco di Agrigento. A completare l’elenco degli indagati ci sono Giuseppe Gaglio, responsabile della cooperativa e già gestore della struttura di Borgo Parrini, Massimiliano Terzo, dipendente part-time di “Nido d’Argento”, e Francesco Chiavello, ex dipendente della cooperativa.

Secondo quanto emerso dalle intercettazioni, gli indagati si vantavano di poter contare su “amici in ogni posto” per ottenere non solo l’aggiudicazione degli appalti, ma anche per accelerare i pagamenti e persino aumentare le tariffe dei servizi. Michela Sclafani, sempre secondo l’accusa, avrebbe ricevuto la collana di smeraldi e avrebbe tenuto un registro dettagliato delle tangenti, rinvenuto durante le perquisizioni a casa sua.

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