Tra astensionismo strategico e disaffezione politica, un sondaggio Izi ipotizza un’affluenza del 40%, segnale di un possibile risveglio.
Roma – L’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani sono chiamati alle urne per cinque referendum abrogativi su cittadinanza e lavoro ma la vera partita si gioca sulla partecipazione. La questione non è tanto il contenuto dei quesiti, quanto il raggiungimento del quorum del 50% più uno necessario per la validità della consultazione.
Un Paese sempre più lontano dalle urne
I numeri fotografano una democrazia in affanno: alle europee del 2024 ha votato appena il 48% degli aventi diritto, alle politiche del 2022 il 64% – mai così pochi nella storia della nostra Repubblica. I referendum storicamente mobilitano ancora meno, con un’affluenza media degli ultimi trent’anni pari alla metà di quella delle elezioni politiche precedenti.
L’ultimo tentativo referendario del 2022, incentrato sulla giustizia, si è concluso con un deludente 21% di partecipazione. La disaffezione verso la politica è ormai strutturale: si parla meno di politica in famiglia, la partecipazione civica è in calo e la fiducia istituzionale vacilla.
Strategie opposte: mobilitazione vs astensionismo
Mentre i partiti di opposizione spingono per la partecipazione, la maggioranza di governo invita apertamente all’astensione, una strategia consolidata che trova terreno fertile in un elettorato sempre più disimpegnato. Contribuisce al problema anche il voto degli italiani all’estero: dal 2003 possono votare per corrispondenza ma la partecipazione resta minima (mai sopra il 23%) e il loro peso crescente (quasi il 9% del corpo elettorale) abbassa ulteriormente la media nazionale.
Un barlume di speranza per il referendum?
Tuttavia, un sondaggio di Izi offre uno spiraglio di ottimismo: l’affluenza potrebbe superare il 40%, non sufficiente per il quorum ma segnale di possibile risveglio. “L’informazione sui quesiti è aumentata”, spiega Giacomo Spaini di Izi, “e una quota non trascurabile di persone che non hanno votato alle ultime politiche dichiara ora di voler partecipare“.

I dati mostrano un’Italia polarizzata: tra gli elettori di opposizione prevalgono i Sì (72-78%), mentre nell’elettorato di maggioranza dominano i No (68-74%). Tra gli astenuti del 2022, però, solo una minima parte si dice pronta a votare.
Il referendum dell’8 e 9 giugno rappresenta dunque un test cruciale non solo sui temi in discussione ma sulla vitalità democratica del Paese. La domanda centrale non è più “Cosa voterai?” ma: “Voterai?”.