La famosa radio religiosa dai toni forti è ormai una holding internazionale ed emittente comunitaria che spesso fa politica dai toni forti schierandosi contro chi non la pensa come don Livio. Che fine hanno fatto i valori ideali e il sostegno verso gli ultimi?
E’ un periodo brutto per la Chiesa di Roma. Travolta dagli scandali che hanno coinvolto i vertici della Santa Sede la Chiesa apostolico-romana rischia di vedersi ridotti di molto i consensi, continuando con le prima pagine dei giornali. Ma non basta. Anche via etere c’è chi esprime il proprio pensiero esagerando in un momento assai delicato per il mondo intero che ha bisogno di ritrovata serenità e non di vedersi esasperati gli animi con inutili appelli al complottismo e al potere di Belzebù:
“...Il Covid è un complotto delle élites mondiali, con la capacità magari di qualche Stato per creare il mondo di Satana. Un progetto volto a fiaccare l’umanità e instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica, creando un mondo nuovo che non è più di Dio Creatore...”.
Così si è espresso Don Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, a proposito della pandemia nella sua rubrica “Lettura cristiana della cronaca e della storia”. Il sacerdote e giornalista non è nuovo a queste esternazioni estreme che destano tanto clamore quanto imbarazzo nelle gerarchie ecclesiastiche.
E in effetti c’era una volta Radio Maria, che si occupava di sante messe in diretta, recita del rosario e preghiere. E andava bene come radio parrocchiale nata nel 1982 ad Arcellasco d’Erba, in provincia di Como, ad opera di Don Mario Galbiati. Poi, nel 1987, il salto di qualità: la radio diventava un’emittente nazionale che si diffondeva anche in altri Paesi dando vita, nel 1998, alla Famiglia mondiale di Radio Maria.
Da radio libera e network internazionale il passo è stato breve. Con la gestione di Don Livio, infatti, la radio si è trasformata in una media company, con tanto di dirette Youtube, digitale terrestre, pagine Facebook, 874 frequenze sparse in 77 paesi del globo, 26 terreni e 47 fabbricati dalla Lombardia alla Sicilia e bilanci milionari. Altro che oboli ed elemosine.
L’emittente mariana è oggi una sorta di holding che incasserebbe 20 milioni di euro all’anno pagandone di tasse, come pare, solo 1.300 al mese come se fosse un dipendente pubblico. Nel 2019 la società ha ricevuto 22 milioni e 575 mila euro, di cui 20 sono arrivati dalle donazioni degli ascoltatori e 1,9 dall’8 per mille. Insomma cifre importanti che fanno di Radio Maria più che un’umile emittente a sfondo religioso un network radiofonico che fa politica andando giù pesante con i comunisti, migranti, musulmani, omosessuali, aborto, procreazione assistita, preti poco osservanti e contro lo stesso Papa Francesco.
Le casse della radio si riempiono con lasciti e donazioni di privati ma anche dei più stretti e affezionati utenti. C’è un conto corrente postale, ma si può pagare anche con carta di credito, tramite bonifico e attraverso un call center ideato dal prete ”rivoluzionario” che, durante il primo lockdown, si era preoccupato di agevolare i versamenti degli anziani che non potevano recarsi in posta. Insomma per pagare tutte le comodità possibili. I soldi fanno soldi.
Laddove un’emittente perde il segnale, Radio Maria arriva ugualmente con una portante fondo scala da spaccare il ricevitore per via di una fitta catena di ripetitori dislocati dappertutto e grazie alla sua riconosciuta veste di ”radio comunitaria” come previsto dalla legge Mammì del 1990.
Ma il segreto del suo strepitoso successo è stato il modello messo a punto negli anni 80 dal compianto industriale varesino Emanuele Ferraio scomparso lo scorso luglio. L’imprenditore aveva chiuso alla pubblicità a pagamento per dire si ad un pubblico ”fidelizzato” e non generalizzato, orientato esclusivamente sul sentimento religioso e sulla fede di Maria, tanto che le apparizioni della Madonna di Medjugorie sono il punto forte della trasmissione.
Dunque l’asse portante dell’economia aziendale sono proprio i sostenitori più affezionati che credono assolutamente nella mission della radio e che la mantengono economicamente senza farle mancare nulla. Nonostante queste scelte dedicate, però, in alcuni casi i programmi hanno raggiunto toni eccessivi tanto da costringere le autorità ecclesiastiche a prendere le distanze dalla popolare stazione radiofonica.
Ma quel maratoneta instancabile di don Livio non la smette di deliziare gli ascoltatori con i suoi pensieri fortemente laicizzati che mal si addicono ad un uomo di chiesa, come quello rivolto nel 2016, all’indomani dell’approvazione sulla legge delle unioni civili, alla senatrice del Pd Monica Cirinnà che festeggiava l’approvazione dell’importante provvedimento. Il sacerdote, in quell’occasione, si era espresso da autentico bullo di provincia:
”…Adesso brinda a prosecco, alla vittoria. Signora arriveranno anche i funerali, stia tranquilla. Glielo auguro il più lontano possibile, ma arriverà anche quello…”.
Quell’affermazione, che poteva risparmiarsi, sarebbe costata cara a don Livio che, pochi giorni più tardi, veniva raggiunto da un provvedimento di sospensione dall’esercizio professionale pari a sei mesi erogato dall’Ordine dei Giornalisti. Ma incurante di qualsiasi regola civile Livio-caterpillar se la sarebbe presa anche con Darwin e le teorie dell’evoluzionismo mettendo in dubbio l’autenticità degli argomenti trattati dicendo che facevano ridere i polli:
”…Tutte le ricerche scientifiche più aggiornate, più preparate, più serie ci dicono che l’uomo è apparso sulla terra già uomo. Non c’è nessun segno, nessuna dimostrazione, nessuna possibilità che pian piano la scimmia abbia imparato prima il bergamasco, poi l’italiano, poi l’inglese…”.
Il progetto religioso vanta fatturati da grande azienda e occupa decine di persone regolarmente retribuite. E questo è un bene, specie di questi tempi. Il problema sta in certe prediche che diffondono pensieri e dogmi che spesso non hanno nulla a che vedere con solidarietà, valori ideali e sostegno al prossimo sofferente e agli ultimi. Men che meno con la parola di Nostro Signore.
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