La vittima è un rappresentante, investigatore per hobby e collezionista di trenini in miniatura. Troverà la morte attendendone uno vero in stazione. Freddato con un colpo di revolver alla nuca da un killer ancora sconosciuto. Dopo un quarto di secolo.
Roma – E’ il 12 febbraio 1995. Una domenica fredda e ventosa, piove. Sul binario 10 della stazione Ostiense alle 17.25 c’è il treno 12270 che deve portare l’uomo a Campoleone, per proseguire poi alla volta di Torvajanica. Oblitera il biglietto alle 16.46 ma su quel treno non salirà mai perché qualcuno lo farà secco. Un solo colpo, alla nuca.
Duilio Saggia Civitelli, 54 anni, rappresentante, verrà ritrovato cadavere sul pavimento della banchina da un ferroviere che avviserà la polizia. Inizialmente la squadra Mobile, il magistrato inquirente e il medico legale furono concordi nel formulare l’ipotesi che l’uomo fosse morto a causa di un malore. Un istante dopo Civitelli avrebbe urtato violentemente lo zigomo destro contro un palo della luce, procurandosi un’ecchimosi cadendo all’indietro. Subito dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Civitelli accorsero in stazione i figli Fabio e Massimo, titolari dell’omonima agenzia investigativa con sede nell’ex terminal della stazione Ostiense e di alcune giostre nel parco giochi ”Roma 70”.
I due germani erano stati avvisati dalla compagna della vittima, Tiziana Paoletti, che aveva chiamato l’uomo al cellulare senza ottenere risposta. La donna, preoccupata, era stata poi avvisata della tragedia. Un morto, il malore, la causa accidentale, il caso poteva essere archiviato invece al commissario Lentini della Mobile romana i conti non tornano. Il funzionario n on è convinto del malore e chiama il medico legale Rossi per eseguire l’autopsia. Durante la ricognizione cadaverica approfondita il sanitario evidenzierà un foro di proiettile dietro la nuca di Civitelli.
Un foro di proiettile compatibile con un revolver calibro 38 marca Astra, modello Cadix, sparato a non meno di un metro di distanza poiché sulla testa non erano presenti le tipiche bruciature provocate dalla fiammata che esce dalla canna della pistola. L’arma del delitto non verrà mai ritrovata e sulla scena del crimine non furono rilevati altri elementi utili alle indagini. Per quanto attiene il proiettile (il bossolo ovviamente era rimasto dentro il tamburo del revolver) anche questo non venne mai recuperato ma è probabile che si trattasse di cartucce scamiciate, non ricoperte di rame, che una volta colpita una superficie solida, si deformavano, rallentando la propria corsa. Una caratteristica che spiegherebbe il livido sullo zigomo destro, provocato dalla pallottola dopo essere entrata dalla nuca.
Ma chi era la vittima? Un personaggio eclettico, originale e misterioso. A suo dire rappresentante di elettrodomestici, sedicente collaboratore dei servizi segreti, 007 per hobby nell’agenzia dei figli e collezionista appassionato di trenini meccanici tanto da affittare un appartamento per riempirlo di questi oggetti ludici spesso introvabili. Aveva una ex moglie con cui era in buoni rapporti e una compagna con cui viveva a Santa Palomba. Ma soprattutto era assai ricco più che benestante. Gli inquirenti stimarono tra contanti, Bot, depositi azionari e immobili un patrimonio di circa un miliardo e ottocento milioni del vecchio conio.
Nella borsa ritrovata vicino al cadavere, c’erano una moltitudine di fogli sparsi su cui erano segnati nomi, numeri telefonici e appunti vari riguardanti la sua quotidianità. Civitelli era solito segnare su carta tutto ciò che faceva con estrema precisione e puntualità, sfiorando i limiti della maniacalità. Eppure c’era un buco nero di 20 anni nel passato professionale di questo signore strano, per certi versi impenetrabile, su cui gli investigatori non riuscirono mai a fare luce. Secondo i figli la fortuna accumulata dal padre altro non era che il frutto di investimenti in borsa e di grandi sacrifici votati al risparmio. Certo che per i primi, ovvero per gli investimenti azionari, pare ci sapesse fare tanto da accumulare obbligazioni anche di una certa importanza e consistenza.
Tra le zone d’ombra della vittima c’era anche un presunto passato da usuraio che lo aveva visto coinvolto in un giro di prestiti a tassi di interesse bassi ma che comunque erano stati quasi tutti onorati. Tutti tranne uno, di 25 milioni di lire concesso ad una donna e poi seguito da una denuncia e da relativo processo che si sarebbe dovuto svolgere a meno di un mese dalla sua morte, il 20 marzo del ’95. Secondo il figlio Fabio, il denaro a strozzo non c’entrava nulla anche perché il padre, diffidando di tutti, non avrebbe mai concesso prestiti a sconosciuti e, tanto meno, ad interessi usurai. Gli inquirenti cercarono il movente del delitto sia nella sfera economica che in quella passionale senza trovare alcun indizio di rilievo. Analizzarono anche l’attività professionale dei figli, ma anche qui nulla di nulla. Il delitto dunque rimase insoluto e il sostituto procuratore Giuseppe Saieva (poi procuratore capo a Rieti e di seguito magistrato ausiliario presso la sezione tributaria della corte di Cassazione) chiese l’archiviazione dell’inchiesta circa due anni dopo.
Analizzando le modalità dell’omicidio, risultava evidente che l’assassino conoscesse bene le abitudini di Civitelli e che, quasi sicuramente, avesse effettuato sopralluoghi precedenti per controllarne abitudini e spostamenti. Questo escluderebbe dunque l’errore di persona. Il 38 special è un calibro grosso. Quando si spara con un revolver cosi il rumore dell’esplosione si sente anche a centinaia di metri eppure in quell’occasione nessuno riferì di aver sentito alcun rumore di sparatoria. Come mai? Il killer usò un silenziatore costruito apposta per l’Astra o un rudimentale cuscinetto imbottito?
Se cosi fosse perché affidarsi ad un professionista? Evidentemente perché era necessario eliminare Civitelli senza lasciare alcuna traccia che portasse sia al killer ma soprattutto al mandante ed al movente. Pista passionale? Usura? Ha visto o sentito qualcosa di compromettente nel posto sbagliato, nel momento sbagliato? Massimo, l’altro figlio, ha più volte dichiarato di credere a due possibili ipotesi: quella dello scambio di persona e quella del delitto perfetto.
Traccia anche un ipotetico triangolo in cui i vertici sono, oltre al delitto del padre, quello di suor Piera (Lucia Soletti) del 29 aprile 2001 a Trastevere e quello del paparazzo Daniele Lo Presti del 27 febbraio 2013 a Testaccio. Diverse sono le caratteristiche che li accomunano: tutti e tre sono stati freddati con un solo colpo di pistola alla testa a distanza ravvicinata, i proiettili non sono mai ritrovati e l’assenza di un movente. Infine i fatti sono avvenuti in una zona abbastanza circoscritta, in pieno giorno, quasi ad emulare il delitto perfetto. E come ogni buon romanzo poliziesco che si rispetti, la morte di Civitelli, appassionato di trenini in miniatura che trova la morte proprio aspettandone uno di quelli veri, dopo 25 anni di luci e ombre, merita un finale con tanto di nome dell’assassino.