Professione caregiver: in Italia sono 8 milioni, donne straniere nell’87% dei casi

Si assiste a una vera e propria emergenza sociale: salari bassi e aumento vertiginoso degli anziani che hanno bisogno di cure.

Roma – Chi assiste gli assistenti? Il problema delle persone anziane non autosufficienti è molto sentito in quelle famiglie dove c’è una persona in queste condizioni, che necessita di cure e assistenza continua. In Italia, secondo alcune stime, ci sono più di 8 milioni di “caregiver”. Il termine anglosassone, in italiano “prestatore di cura”, si riferisce a un familiare che assiste i propri cari in difficoltà, persone non in grado di provvedere a loro stesse a causa di particolari condizioni fisiche, mentali o emotive. Si tratta di un ruolo prezioso, informale, di cura, supporto e vicinanza, e che è partecipe dell’esperienza di malattia del soggetto e che si impegna nelle attività quotidiane di cura della persona.

Il carico del lavoro è molto pesante e comprende l’assistenza medica, la conduzione della casa e dei relativi impegni burocratici, fino all’igiene personale e al sostegno psicologico. Un lavoro che comprende diversi aspetti e competenze, molto vario, ma soprattutto che assorbe tutte le energie fisiche e psichiche. Sono tanti i casi, che la cronaca riporta continuamente, di familiari che sono arrivati al limite della sopportazione umana. La loro vita è scandita dai lamenti che il proprio caro, malato, emette, non appena finisce l’effetto di qualche farmaco per lenirne le sofferenze. Si assiste a una sorta di legge del contrappasso, per cui i ruoli si invertono: chi era bambino e aveva come punto di riferimento il proprio genitore, ora da assistito si trasforma in assistente.

C’è chi svolge queste carico di mansioni per lavoro, viene retribuito, ma i salari non sono granché se rapportati ai compiti che svolgono. Si tratta di operatori socio-sanitari e badanti, la cui attività lavorativa è orientata al soddisfacimento dei bisogni primari delle persone e a favorire il benessere e l’autonomia delle stesse. I cosiddetti “caregiver informali”, nella stragrande maggioranza dei casi, sono famigliari che si occupano di un proprio congiunto, svolgono il loro lavoro gratuitamente, come volontari, spinti da motivazioni affettive.

Il fenomeno è molto diffuso, tanto da trasformarsi in emergenza sociale, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione, per cui crescerà la quota di anziani bisognosi di cure e assistenza. Il ruolo dei caregiver informali viene spesso ignorato. È come attraversare le forche caudine emotive da cui si rischia di sottoporsi a stress, ansia e depressione, mettendo la propria salute in secondo piano. La mancanza di una rete di supporto sociale non fa che produrre un aggravamento di queste condizioni. Le conseguenze peggiori le subiscono le donne (vatti a sbagliare), che sono anche in numero maggiore a dedicarsi alla cura e assistenza. Spesso sono anche madri, per cui conciliare i due aspetti diventa improbo. Tuttavia, non si tratta di una scelta, ma di una condizione derivante da una cultura di stampo patriarcale, per cui è la donna ad avere l’inclinazione alla cura domestica.

Per questi motivi, il lavoro di cura svolto viene svalutato, sfruttato e svilito e chi ha il “portafoglio gonfio” delega quest’attività ad altre donne. E lo sfruttamento continua, perché si tratta di persone povere e immigrate, come dimostrano le stime: pari all’87% di donne, quasi tutte straniere, a fare le badanti. Si avverte la carenza di informazioni e di supporto, sia fisico che psicologico, da parte degli assistenti familiari di fronte ad alcuni sintomi ed esigenze del paziente. Inoltre, manca del tutto un sostegno economico, che possa dare sollievo a chi vive come una costrizione aver dovuto scegliere di tenere in casa il congiunto problematico, perché non in grado di sostenere le spese in una RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali).

In Lombardia, ad esempio, sono stati introdotti gli interventi di assistenza temporanea domiciliare, attraverso cui il caregiver può staccare per un po’, che si sono dimostrati molto efficaci. Il problema è che non sono sempre attuabili, in quanto dipendono dal budget disponibile. Inoltre, non sono presenti in tutto il territorio nazionale. Le varie associazioni di pazienti e caregiver invocano il conseguimento di tutele legali e previdenziali, assistenza psicologica, formazione e flessibilità lavorativa. Per offrire cure di qualità e salvaguardare chi le presta, bisogna investire nel welfare territoriale e nelle comunità di cura. Inoltre, anche nel sostegno economico, perché senza soldi non si cantano messe, come recita un vecchio adagio popolare. Ovvero, la mancanza di risorse finanziarie rende vano qualsiasi progetto. Citofonare: “Governo italiano”!

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa