Il cadavere semicarbonizzato di Alessio Cini, 57 anni, era stato ritrovato l’8 gennaio. L’avvocato difensore: “Il movente è inverosimile”.
Pistoia – Preso a sprangate e bruciato vivo dal cognato per incassare l’eredita. Ad uccidere Alessio Cini, 57 anni, il cui cadavere semicarbonizzato era stato trovato dalla figlia adolescente nelle prime ore dell’8 gennaio nel giardino della sua villetta ad Agliana, in provincia di Pistoia, sarebbe stato il cognato, Daniele Maiorino, 58 anni, originario di Prato come la vittima e suo vicino di casa.
E’ questa l’ipotesi accusatoria formulata dagli inquirenti che ha portato al fermo dell’uomo, indagato per omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela con la vittima e dall’aver agito con sevizie e crudeltà. Il provvedimento cautelare è stato eseguito dai carabinieri della compagnia di Pistoia. Nell’interrogatorio successivo al provvedimento di fermo tuttavia, di fronte ai magistrati Maiorino ha respinto con forza ogni addebito: “Non sono stato io”.
La mattina dell’8 gennaio il cadavere di Alessio Cini era stato ritrovato poco distante dalla villetta dove abitava, in seguito alla segnalazione di un vicino di casa che aveva visto levarsi fumo e fiamme e aveva pensato ad un incendio. Subito era accorsa la figlia che viveva con il padre dopo la separazione dei genitori. In base all’inchiesta la vittima da qualche mese era molto preoccupata per la situazione economica in seguito al pignoramento del suo appartamento, in seguito al quale si era messo a cercare casa a Parato.
Nel decreto di fermo il procuratore Tommaso Coletta riscostruisce il quadro indiziario a carico di Maiorino, tra l’altro comparso più volte in televisione nei giorni successivi all’omicidio, che avrebbe ucciso con crudeltà il cognato “colpendolo con una spranga alla testa, con plurimi colpi al torace e quindi poi dando fuoco al corpo». Le indagini patrimoniali, spiega in un comunicato la Procura “hanno consentito di individuare il probabile movente al gesto delittuoso, rinvenibile in una situazione reddituale difficile per l’indagato, ed in una aspettativa ereditaria che dalla morte di Alessio Cini sarebbe derivata e di cui avrebbe potuto indirettamente beneficiare».
A quanto emerso dall’autopsia, la vittima dopo essere stata colpita con una spranga alla testa, e aver ricevuto svariati calci al torace, seppur incosciente e non più in grado di difendersi, era ancora viva quando il cognato avrebbe dato fuoco al corpo. In mano agli inquirenti ci sono le registrazioni delle intercettazioni ambientali nell’auto del cognato, dove Maiorino parlando con se stesso a voce alta “ricostruiva i momenti dell’aggressione alla vittima, le modalità della stessa, la causa mortale prodotta da tale aggressione, l’immagine del sangue, le fiamme”.
Ricostruzione contestata dal legale dell’uomo, l’avvocato Katia Dottore Giachino secondo la quale “il movente è inverosimile” e “il mio assistito ha respinto l’accusa di aver assassinato il cognato”. “Le telecamere riprendono Cini che prende fuoco ma non si vede alcuna persona che si avvicina alla vittima”, ha proseguito l’avvocato. Che riguardo il monologo captato dalle cimici in auto aggiunge: “Abbiamo sentito gli audio forniti dalla procura e le parole, a causa dei rumori di fondo, non sono chiare. Maiorino non dice l‘ho ucciso, ma l’esatto contrario l’hanno ucciso“. Inoltre il movente dell’omicidio, che gli inquirenti nel fermo, attribuiscono al percepimento dei vantaggi dell’eredità, per il difensore “è inverosimile”.