Non si tratta di una libera uscita sul modello militare. Piuttosto un via vai a scaglioni e col massimo rispetto delle distanze. Se non saremo cosi imbecilli da lasciare a casa mascherine e guanti forse riusciremo a farcela. In caso contrario tutti a casa un’altra volta. E saranno dolori.
La Fase 2 è alle porte ma la confusione rimane sovrana. La conferenza stampa di Conte non ha sortito gli effetti sperati: tra chi sperava in un definitivo “liberi tutti” e chi, invece, propendeva per un prolungamento della contenzione, a sorridere, con un ghigno, sembrano solo i grandi imprenditori, gli unici privilegiati. E tutti gli altri? Bisognerebbe capire se la scelta dell’Esecutivo, coadiuvata dal comitato tecnico-scientifico con a capo l’anti-over 60, Vittorio Colao, ha voluto premiare la grande economia oppure rappresenta un parto col forcipe di nuove norme per procedere scaglionati verso la definitiva fine dell’incubo. I dubbi che sorgono sono tanti e probabilmente anche lo stesso Conte lo sa. E le perplessità, prima del nuovo decreto, saranno ancora di più una volta tornato da Milano. In maniera veloce, senza darci troppo peso, il premier ha detto che nelle prossime settimane l’Italia, con ogni probabilità, andrà incontro a una nuova crescita della curva epidemiologica. E in caso la situazione dovesse aggravarsi notevolmente, ma solo allora, si farà marcia indietro. Insomma una sorta di nulla di fatto, tutto come prima.
In maniera sottile il Primo ministro ci ha informati che il modello italiano per arginare la diffusione del Covid-19 è fallito ed ora potrebbe scattare la fase dell’immunità di gregge. I danni inflitti all’economia italiana dalla pandemia, circa mezzo punto del Pil per ogni settimana di chiusura totale, sono stati incalcolabili. Dunque si dovrà tornare in fabbrica e in ufficio a scaglioni cercando di evitare il contagio per non saturare di nuovo triage e terapie intensive. In quest’ottica andrebbe concepita la ripartenza lavorativa segmentata un po’ in tutti i settori. Più presidi sicuri a livello individuale, meno ostacoli in lidi, trattori e bar. Se musei, teatri e discoteche rimarranno giustamente chiusi ancora per un certo periodo di tempo, cosi dovranno rimanere altre attività ad alto tasso di assembramento, chiese incluse. Checché ne dicano i vescovi. Insomma quello davanti a noi è una specie di esperimento scientifico che ci vedrà tutti come cavie. Funzionerà? Lo potremo scoprire solo nelle prossime settimane e più esattamente tra il 18 maggio e il 1° giugno, verificando se e come ritorneranno alla normale attività tutte le realtà economiche del Paese. Salvo nuovi contagi.
Non pochi dubbi rimangono anche sull’immediata ripresa del prossimo 4 maggio. Se già le poche fabbriche rimaste aperte hanno avuto dei seri problemi a procurare a tutti i dipendenti i necessari dispositivi di sicurezza, come farà ora l’intero comparto a industriale ad assicurare mascherine e distanziamento sociale per tutti i lavoratori? Soprattutto se consideriamo che la Confcommercio ha immediatamente dichiarato che fissare il prezzo delle mascherine a 0.50 centesimi è totalmente inverosimile? Dubbi, tanti dubbi. Nei prossimi giorni capiremo come risponderanno queste “cavie” sociali, e probabilmente in base ai risultati emersi il governo reagirà di conseguenza.
Tra le categorie che più di tutte hanno manifestato perplessità in merito al decreto di fine aprile ci sono i piccoli esercenti e i lavoratori al dettaglio. Per loro si prevede almeno un altro mese di calvario. “…Ho solo tre alternative: morire di fame, indebitarmi, chiudere…”, ha scritto con una tagliente ironia un parrucchiere sui social all’indomani del discorso di Conte. La gravità della situazione non è sfuggita neanche al presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.
“…La Fase 2 rinvia la riapertura degli esercizi commerciali – ha dichiarato Sangalli –, dei pubblici esercizi e di tante attività del turismo e dei servizi. Ogni giorno di chiusura in più produce danni gravissimi e mette a rischio imprese e lavoro. In queste condizioni diventa vitale il sostegno finanziario alle aziende con indennizzi a fondo perduto che per adesso non sono ancora stati decisi. Bisogna invece agire subito e in sicurezza per evitare il collasso economico di migliaia di imprese. Chiediamo al Presidente Conte un incontro urgente, anzi urgentissimo per discutere di due punti: riaprire prima e in sicurezza; introdurre indennizzi e contributi a fondo perduto a favore delle imprese…”.
Nel frattempo anche aprile volge al temine, e il ritorno alla normalità appare sempre più una chimera.