Dal boato del 14 agosto 2018 al nuovo ponte San Giorgio: la città ricorda le 43 vittime mentre il processo si avvia verso la conclusione del primo grado entro il 2026.
Genova – Il 14 agosto 2018 rimane una data impressa nella memoria collettiva di Genova e dell’Italia intera. Alle 11:36 di una mattina che sembrava iniziata come tante altre, il pilone 9 del ponte Morandi crollava improvvisamente, portando con sé 43 vite umane e segnando per sempre il capoluogo ligure. Un boato fragoroso seguito da una nuvola di detriti: così i testimoni descrissero quei momenti drammatici che cambiarono la storia della città.
La tragedia del viadotto sul Polcevera non fu solo un disastro infrastrutturale ma un trauma che investì un’intera comunità. Circa 600 persone furono evacuate dall’area sottostante i piloni 9 e 10, trasformata in “zona rossa”, mentre 400 unità dei Vigili del Fuoco si mobilitarono per i soccorsi in una situazione che si rivelò subito disastrosa.
La risposta istituzionale e la ricostruzione record
La reazione politica fu immediata: il ministro per le Infrastrutture Danilo Toninelli istituì una commissione ispettiva, mentre dal governo partì la procedura per la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Al centro delle accuse, una presunta grave negligenza negli obblighi di manutenzione da parte della società gestita dalla famiglia Benetton, che né le scuse pubbliche né lo stanziamento di mezzo miliardo di euro destinato ai parenti delle vittime riuscirono a sanare.

Il percorso per la ricostruzione prese avvio con tempi record. Appena sei giorni dopo il crollo, undici nuclei familiari ricevevano già le chiavi delle prime abitazioni sostitutive, mentre l’allora sindaco Marco Bucci e il presidente della Regione Giovanni Toti garantivano una casa per tutti gli sfollati entro otto settimane.
Il 28 agosto 2018, l’architetto genovese Renzo Piano donò alla sua città un progetto per il nuovo viadotto, definendolo “un’opera a titolo gratuito, un gesto fatto da senatore, con lo spirito di riappacificare il capoluogo ligure con la politica di Roma”. Dopo la nomina di Bucci come Commissario straordinario e l’approvazione del decreto Genova, i lavori di demolizione iniziarono il 14 dicembre 2018, concludendosi il 28 giugno 2019 con l’esplosione controllata delle ultime parti del vecchio ponte.
Il nuovo ponte San Giorgio, costruito dalla cordata Salini Impregilo, Fincantieri e Italferr sotto la supervisione di Piano, fu completato in tempi straordinari. L’ultima campata venne posata il 28 aprile 2020 e il ponte fu inaugurato il 3 agosto dello stesso anno, diventando simbolo della capacità di resilienza e rinascita della città.
Il lungo cammino della giustizia: due processi paralleli
Parallelamente alla ricostruzione fisica, si sviluppò il complesso percorso giudiziario che oggi si articola in due processi distinti. Il primo, iniziato dopo le indagini immediate, vede alla sbarra 57 imputati tra ex manager e tecnici di Autostrade per l’Italia (ASPI) e della controllata SPEA, accusati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato colposo alla sicurezza dei trasporti.
Le indagini partirono rapidamente: già nei primi giorni di settembre 2018, la Guardia di Finanza consegnò alla procura di Genova un elenco di persone potenzialmente responsabili, inizialmente una trentina per poi estendersi a 60 individui. Al centro delle accuse, la presunta negligenza negli obblighi di manutenzione e controllo dell’infrastruttura.

A giugno è iniziata la requisitoria dei magistrati con il toccante ricordo delle 43 vittime, mentre l’accusa sta analizzando le posizioni dei 57 imputati. I pubblici ministeri Marco Airoldi e Walter Cotugno sostenendo la tesi che anche “i vecchi manager di Autostrade, quelli che ebbero ruoli di responsabilità negli anni Novanta, sono colpevoli per il crollo del ponte Morandi perché anche all’epoca furono compiute ‘scelte fatali’ in tema di controlli”.
Un secondo processo, iniziato l’8 gennaio 2025, riguarda invece le false relazioni sui controlli del ponte presentate nei mesi precedenti il crollo. Per accelerare i tempi, da febbraio 2025 le udienze si terranno quattro volte a settimana.
Le controversie tecniche sulle cause del crollo
Uno degli aspetti più dibattuti del processo principale riguarda le cause tecniche del collasso. Secondo la procura e gli esperti nominati dal giudice per le indagini preliminari, “a cedere sarebbe stato uno strallo dopo anni di incuria”. Tuttavia, “per i tecnici degli imputati, invece, le cause sarebbero due, e diverse: da una parte un difetto di costruzione durante i lavori degli anni ’60, dall’altra, in alternativa, il crollo dovuto ai lavori per il carroponte”.
Nel marzo 2024, una nuova consulenza di parte è stata depositata per “scagionare tutti gli imputati”, sostenendo che “il crollo partì dall’impalcato a causa dei lavori per il carroponte”. Questa perizia alternativa ha contribuito a complicare ulteriormente il quadro processuale, con i giudici che potrebbero chiedere nuovi approfondimenti e i tempi del processo che si allungano.
Secondo quanto trapela, i giudici Paolo Lepri, Ferdinando Baldini e Fulvio Polidori sembrano orientati al nuovo conferimento d’incarico per attenersi alla recente pronuncia della Corte di Cassazione relativa alla strage ferroviaria di Viareggio. Questo potrebbe comportare ulteriori ritardi in un processo già complesso.
La sentenza di primo grado è attesa per l’estate del 2026, “in quello che rappresenta uno dei dibattimenti più complessi e significativi degli ultimi decenni nella giustizia italiana”.
Un memoriale per non dimenticare e il peso dell’attesa
Quest’anno, la cerimonia commemorativa si svolge all’interno del Memoriale 14.8.2018, costruito sull’argine est del torrente Polcevera, sotto le campate del nuovo ponte San Giorgio. Questo spazio rappresenta un tassello del più ampio progetto del Parco del Polcevera e del Cerchio Rosso, il restyling dedicato a quella porzione di città che più di tutte ha sofferto per la tragedia del Morandi.

Il memoriale non è solo un luogo di ricordo, ma simbolo di una comunità che ha saputo risollevarsi senza dimenticare. “A sette anni dalla tragedia del 14 agosto 2018, molte delle contraddizioni evidenziate nell’immediatezza del crollo del viadotto Polcevera si sono purtroppo confermate nei fatti”, evidenziando come il percorso verso la verità sia ancora lungo e complesso.
Le famiglie delle vittime continuano a chiedere giustizia e verità, mentre la città si prepara a voltare una delle pagine più dolorose della sua storia recente. La ricerca di responsabilità rimane al centro del dibattito pubblico, con il Presidente Mattarella che ha ribadito la necessità di accertare la verità su una tragedia costata la vita a 43 persone.