Periferia italiana, una terra di nessuno dove la vita di un uomo perbene vale 20 euro

L’omicidio di Manuel Mastrapasqua a Rozzano, nel Milanese, riaccende i riflettori sulla mancanza di sicurezza e sui lacci e lacciuoli che impediscono libertà di movimento alle forze dell’ordine.

ROZZANO (Milano) – Si può morire ammazzati per venti euro? O, meglio, si può accoltellare un ignaro cittadino per un paio di cuffiette wireless? Rozzano come il Bronx? A costo di passare per populisti, diciamo a gran voce che la sicurezza delle città metropolitane e di certe periferie è ormai messa a dura prova e non c’è più un orario per girare senza correre pericoli. E fino a quando le forze dell’Ordine non godranno di maggiore autonomia e libertà di movimento, specie in ambito difensivo, non si potrà assicurare ai cittadini il diritto di uscire e tornare a casa incolumi.

L’iper dove lavorava la vittima

Manuel Mastropasqua, 31 anni, magazziniere e cassiere notturno nel Carrefour di via Farini a Milano, era una persona perbene. Viveva a Rozzano con la mamma e la sorella ed era fidanzato da qualche anno con Ginevra, che vive in Liguria e che è stata l’ultima persona a leggere un suo messaggio prima dell’aggressione mortale. Grazie alle telecamere stradali di sorveglianza, i carabinieri sono stati in grado di ricostruire le ultime ore di vita dell’impiegato prima di incontrare il suo sicario. Manuel aveva finito il turno di lavoro dopo la mezzanotte dell’11 ottobre scorso. Una prima telecamera lo riprende alle 00.29 mentre fa la spesa. L’uomo si dirige poi in cassa automatica, paga con bancomat ed esce alle 00.30. Manuel indossa un paio di cuffiette senza fili e nelle mani porta il cellulare, un ombrello e un pacco di biscotti.

Alle ore 01.20, altre telecamere lo inquadrano lungo via Dogana a Milano, dove si ferma davanti al civico 1. Proprio lì c’è la fermata del tram numero 15 che porta a Rozzano. Successivamente, altri occhi elettronici lo intercettano in via Mazzocchi alle 02.44 mentre Manuel cammina spedito. In direzione opposta, in via Trento, diverse telecamere beccano Daniele Rezza, 19 anni, con denunce per rapina e furto anche da minorenne, senza un’occupazione fissa. Il giovane si dirige verso viale Romagna, dove Mastropasqua rovina sull’asfalto in un lago di sangue. Daniele è vestito di scuro e indossa un berretto bianco parzialmente coperto dal cappuccio del giubbotto. Tieni nella mano destra un serramanico, che dopo nasconderà sotto gli abiti.

Gli ultimi attimi di vita di Manuel

Alle 2.54, le telecamere del comando di polizia locale di Rozzano riprendono per l’ultima volta Manuel in vita. In quello stesso momento, proprio in direzione della vittima, si vede arrivare Rezza: “Dammi qualcosa, dei soldi!..” avrebbe gridato il balordo al magazziniere, che avrebbe opposto resistenza tentando di allontanarsi. A questo punto, il killer di 19 anni avrebbe sferrato un solo fendente mortale in pieno petto al povero Manuel, che, a caldo, rimaneva in piedi per qualche istante poiché sorpreso a messaggiare con la sua fidanzata. Poi, una breve agonia sul selciato prima degli inutili soccorsi.

Intanto, Rezza si dava alla fuga con un paio di cuffiette in mano e gettando, nel frattempo, l’arma del delitto in una delle tante aiuole del circondario. Una volta tornato a casa, il giovane confessava l’omicidio al padre, ma il genitore non gli aveva creduto (o non aveva voluto credergli), attesi i suoi presunti problemi psicologici. Rezza voleva raggiungere la Francia con l’aiuto del padre, che pare l’abbia accompagnato sino alla stazione ferroviaria di Alessandria, dove la Polfer, vedendo il giovane vagare sui binari, l’aveva fermato: “Devo confessare un omicidio, a Rozzano,” riferiva il giovane assassino agli agenti.

Daniele Rezza

Il ragazzo veniva preso in consegna dai carabinieri di Milano, che già l’avevano individuato, coltello alla mano, nelle immagini delle telecamere stradali. Il reo confesso veniva interrogato dal Pm Maria Letizia Mocciaro alla presenza del suo difensore di fiducia, l’avvocato Maurizio Ferrari. L’indagato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e rapina impropria aggravata rendeva ampia confessione, confermando la propria versione dei fatti anche davanti al Gip Domenico Santoro. Il magistrato requirente confermava la reclusione a San Vittore per pericolo di fuga e reiterazione del reato:

“Quando ho visto il ragazzo volevo prendergli tutto, nel senso soldi, cellulare, cose che potevo rivendere – ha detto Rezza – Anche le cuffie le ho prese per rivenderle, ma non so quanto ci avrei fatto. Tutto quello che avrei avuto lo avrei venduto. Non mi sono accorto che il coltello fosse sporco di sangue. Non credevo di averlo ucciso…”

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