La notizia dell’inchiesta sulla corruzione che vede indagato il presidente della Regione Sardegna e altre sei persone, cade come una tegola sulla testa del Governatore e va a rovinare inevitabilmente i giochi della Lega in chiave Regionali, e pure Europee
Per Christian Solinas è game over. La notizia dell’inchiesta sulla corruzione che vede indagato il presidente della Regione Sardegna e altre sei persone, cade come una tegola sulla testa del Governatore e va a rovinare inevitabilmente i piani della Lega in chiave elettorale. Il nome è bruciato per la competizione delle Regionali. Nei confronti di Solinas e degli altri sei la Guardia di Finanza di Cagliari ha eseguito un sequestro cautelare di beni e immobili per un valore di circa 350 mila euro.
L’ordinanza, chiesta dal pm Giangiacomo Pilia e firmata dal giudice per le indagini preliminari Luca Melis, scaturisce dalle inchieste sulla compravendita di una proprietà del governatore a Capoterra, in località Santa Barbara e la nomina di Roberto Raimondi alla direzione generale dell’autorità di gestione del programma Eni-Cbc Bacino del Mediterraneo.
Nel primo filone con il presidente della Regione sono indagati l’imprenditore Roberto Zedda e il consigliere regionale Nanni Lancioni (Psd’Az). L’indagine riguarda, secondo quanto si apprende, anche la compravendita da parte di Zedda di una proprietà di Solinas a Capoterra e poi il successivo acquisto di una casa da parte del Governatore a due passi dal Poetto di Cagliari. Zedda, secondo gli inquirenti, avrebbe ottenuto in cambio una fornitura di termoscanner e la prosecuzione della fornitura di software e hardware nell’ambito del project financing di Nuoro.
Il secondo filone riguarderebbe invece presunte pressioni per la nomina di Raimondi al vertice dell’Enpi, che secondo la Procura, era legata alla promessa di una laurea ad honorem di un’università albanese. In questo filone sono sotto accusa anche il consulente di Solinas, Christian Stevelli, il rettore dell’università di Tirana Arben Gjata e il direttore generale della E-Campus Algonso Lovito. E se il titolo di studio a Tirana ricorda altre vicende politiche che risalgono a decenni fa, quella dell’immobile somiglia a tante altre storie finite sotto indagine in questi anni.
L’inchiesta è un terremoto per la Lega e per il suo leader Matteo Salvini, che tanto puntava sul ‘cavallo’ Solinas in vista delle prossime elezioni Regionali. E poi c’era sempre l’opzione B, la carta delle Europee. Un nome quello del Governatore sardo che invece non aveva mai convinto i due alleati di centrodestra, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Tanto che il nodo Solinas è stato quello che ha creato più spaccature. Telefonate, riunioni, e un balletto infinito sul nome che non metteva proprio d’accordo i tre leader di centrodestra.
Un muro contro muro che oggi si è concluso con l’uscita di scena di Solinas nel peggiore dei modi. Se fino a oggi il pressing nei confronti del Governatore affinché non fosse in corsa era serrato, il colpo di scena ha sparigliato tutte le carte in tavola. La Lega dovrà cambiare piano. Già il caso Sardegna animava da tempo il dibattito elettorale, e oggi le mosse della Procura hanno creato il caso del caso Sardegna. Il tempo per Solinas è scaduto. I giochi dovevano concludersi entro e non oltre domenica mattina, quando si aprirà la finestra per la presentazione delle candidature.
Nella corsa alle Regionali prende quota a questo punto il candidato sostenuto da Fratelli d’Italia: Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari ed esponente di lungo corso del movimento di destra dell’isola, è il nome che vuole Giorgia Meloni. Nell’attesa di un accordo tra i partiti della coalizione a livello nazionale, sia Solinas sia Truzzu avevano inziato le manovre per la campagna elettorale. Intanto, a livello nazionale si consumava il testa a testa Meloni-Salvini. Dal consiglio federale della Lega ci si attendeva una risposta al dilemma: accettare il candidato di Fdi o andare allo scontro frontale con il premier. Alla fine Salvini stava per cedere, perché in fondo le battaglie a cui punta sono altre.
C’è l’autonomia, ad esempio, o il terzo mandato per Luca Zaia, anche se pure su questo Fdi pare fare muro contro muro. E poi l’elezione decisiva, per il Carroccio, è quella per il Parlamento europeo. Il jolly della campagna della Lega direzione Bruxelles sarà Roberto Vannacci, che sta valutando la candidatura. Un nome quello del generale da usare anche come arma contro gli alleati. Un problema soprattutto per Fdi, andando a intercettare la stessa area di consensi.
Ma sono considerazioni che si faranno poi. Oggi il nome ormai bruciato, fuori gioco, è quello di Solinas.