Pensioni, la proposta di riforma 67+25: come funziona e quali sono gli incentivi

L’idea di Brambilla e Mundo per rendere più sostenibile il sistema previdenziale minacciato dal progressivo invecchiamento della popolazione.

Roma – In attesa delle scelte della politica, il dibattito tra esperti sulle pensioni prosegue e spunti per una riforma sono stati avanzati di recente da Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, e da Antonietta Mundo, membro del Comitato Tecnico Scientifico dello stesso Centro. Secondo i due tecnici per rendere più sostenibile il sistema previdenziale italiano minacciato dal progressivo invecchiamento della popolazione occorre innalzare da 20 a 25 anni l’età minima dei contributi. In secondo luogo, è necessario prevedere premi per chi resta in attività più a lungo e penalizzazioni per chi decide di uscire in anticipo. In ogni caso l’importo dell’assegno non dovrebbe mai essere inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

I due esperti propongono un nuovo approccio alla pensione introducendo una maggiore flessibilità in uscita dai 63/64 anni fino ai 72 anni, con penalizzazioni per chi sceglie di ritirarsi prima dei 67 anni. Manca una manciata di mesi all’apertura della sessione di bilancio, quando il governo sarà chiamato a disegnare la manovra di bilancio 2025. Sul tema della previdenza tuttavia sembra accantonata, almeno per il momento, l’idea di una riforma organica delle pensioni, in favore di interventi mirati per l’uscita anticipata dal lavoro. Sullo sfondo, resta l’esigenza di rendere più sostenibile il sistema pensionistico, minacciato dal progressivo invecchiamento della popolazione.

Pensione il giornale popolare

Il punto di partenza resta l’ultimo Documento di economia e finanza (Def) nel quale è scritto nero su bianco che “la spesa per prestazioni sociali in denaro è attesa aumentare del 5,3% nel 2024 e del 2,5% in media all’anno nel triennio 2025-2027″. Ci si aspetta in particolare un aumento della spesa per le pensioni del 5,8% nel 2024 e del 2,9% in media nel successivo triennio. A dicembre scadrà Quota 103, che permette di anticipare l’uscita dal lavoro con 63 anni di età e 41 anni di contributi. Senza una proroga, da gennaio 2025 serviranno almeno 67 anni. Tra le ipotesi che circolano tra governo e maggioranza spunta anche l’opzione di Quota 41 “alternativa”: accedere all’uscita anticipata con 41 anni di contributi a prescindere dall’età in cambio di un taglio dell’assegno fino al 20%.

Attualmente la possibilità di Quota 41 è già realtà per categorie specifiche di lavoratori precoci che a 19 anni avevano già accumulato 12 mesi di contributi. Occorre tuttavia soddisfare ulteriori requisiti, come l’appartenere a una delle categorie di lavoratori vulnerabili, che vanno dai disoccupati agli invalidi, passando per caregiver e lavoratori con mansioni gravose. Inoltre, bisogna avere almeno un contributo settimanale versato nel sistema retributivo (prima di gennaio 1996). La proposta di Brambilla-Mundo prevede di razionalizzare i pensionamenti per i lavori gravosi.

Secondo la proposta, chi decide di lasciare il lavoro prima dei 67 anni subirà una riduzione dell’assegno pensionistico, una forma di incentivo per restare in attività più a lungo. Per Brambilla e Mundo le misure di pensionamento anticipato senza penalizzazioni, infatti, comporterebbero costi troppo elevati per le casse dello Stato. Tra gli aspetti fondamentali della proposta anche l’innalzamento dell’età minima per i contributi da 20 ai 25 anni utili a maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia. Ispirata alla riforma Dini del 1995-96, la proposta Brambilla-Mundo fissa inoltre un requisito di sostenibilità per accedere alla pensione a 67 anni: l’importo del trattamento deve essere superiore di 1,5 volte l’assegno sociale. 

Questo vincolo, eliminato dall’ultima Legge di bilancio, verrebbe reintrodotto in modo da garantire un minimo di autosufficienza economica impedendo ai lavoratori che vogliono uscire prima di accettare assegni troppo bassi. Un altro pilastro della proposta elaborata dai due esperti del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali verte sugli incentivi. Il sistema dovrebbe prevedere premi ai lavoratori che decidono di rimanere in attività oltre i 67 anni. Il taglio sulla durata delle prestazioni mira anche in questo caso ad alleggerire il peso sulle casse delle Stato.

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