Depistaggi, menzogne, connivenze e complicità a vari livelli istituzionali determinarono l'insuccesso dell'inchiesta sulla morte della ragazzina di via Carissimi ormai diventata un ricordo sbiadito negli annali di polizia. Tutti gli orchi assassini, in buona sostanza, l'hanno fatta franca..
Bologna – Ci sarebbe stato un giro di pedofili insospettabili dietro la morte di Alessandra Sandri, scomparsa all’età di 11 anni il 7 aprile 1975. E le ragazzine di via Carissimi, a Bologna, cadute nella rete degli orchi sarebbero state più di una. Alcune di queste, più piccole di Sandra, sarebbero state vittime dei medesimi balordi che abusarono della bambina uccisa e i cui resti non sono stati mai ritrovati. Le indagini sono state aperte e archiviate diverse volte e non hanno portato mai a nulla.
Alla base della sfortunata inchiesta connivenze e complicità anche all’interno di alcune istituzioni. Un passo indietro nel tempo è d’obbligo per capire le varie fasi del caso insoluto iniziato male e finito peggio. Il quel gelido aprile del 1975 Bologna è martellata da una pioggia incessante. Sandra e la madre Marisa Balduini, alle 7.15 circa, escono di casa e prendono un autobus nella vicina via della Battaglia per dirigersi in centro città. Sandra frequenta la scuola media San Domenico in piazza Calderini e la mamma l’accompagna per un tratto per poi recarsi al lavoro. Entrambe prendono un secondo bus, il 13, che le condurrà in via Farini.
Mamma e figlia si salutano: Sandra scomparirà come un fantasma per sempre. La bambina sarebbe sparita nel raggio di un centinaio di metri dalla scuola dove non sarebbe mai arrivata. L’ultima a vederla, in effetti, sarà una sua compagna di scuola a cui Sandra avrebbe detto di precederla perché lei sarebbe arrivata subito dopo. Da quell’istante di Sandra Sandri si perderanno letteralmente le tracce e anche la polizia, chissà perché, si convincerà di un allontanamento volontario a scopo “passionale”.
Sandrina sarebbe fuggita con un fidanzatino e le ricerche, dunque, segnano il passo avvantaggiando gli assassini che, invece, avevano pianificato a tavolino rapimento, stupri, forse anche le torture con tanto di registrazioni e, infine, la morte della bambina facendone sparire il corpicino chissà dove. Dopo la denuncia dei genitori della minore è tutto un susseguirsi di depistaggi, segnalazioni anonime fasulle, telefonate con voci mascherate, sedicenti testimoni e lettere dai redattori occulti che trasformeranno i tempi delle investigazioni in vere e proprie fisarmoniche giudiziarie.
Negli anni 90 Chi l’ha visto manda in onda una registrazione sconvolgente che fa inorridire l’Italia in cui si sente Sandra interrogata su argomenti intimi da un uomo. Quest’ultimo la costringe e rivelare i particolari erotici di due incontri con altrettanti pedofili che hanno già abusato della bimba e comunque prima della sua sparizione. I due orchi sono Franco Mascagni e Giorgio Fragili mentre “l’intervistatore” è Ignazio Parentela, un confidente della polizia. Nel 1982 Mascagni e Fragili verranno condannati per gli abusi sulla bambina a tre anni di carcere ma non ne sconteranno nemmeno uno per indulto. Negli anni 90 le indagini si riaprono più volte ma senza esito. Nel 2010 un teste, che non aveva parlato per paura, confesserà che l’assassino di Sandrina è lo stesso Mascagni ormai passato a miglior vita dieci anni prima. Rimane libero Fragili ma su di lui nemmeno uno straccio di prova dunque uccel di bosco. Nel 2013 il caso era stato riaperto dalla Procura felsinea a seguito di una lettera anonima e del nome di un uomo: Remo Soravia Gnocco, di cui si persero le tracce nel febbraio del 1979 nei pressi del fiume Savena. L’evento delittuoso era stato archiviato come suicidio ma poi si parlò di omicidio e sulla scorta di questa ipotesi l’inchiesta sulla morte della povera Sandrina erano ripresa con apparente, rinnovato vigore. Remo Soravia Gnocco, spariva da casa il 28 febbraio del 1979.
Quattro anni dopo Sandrina, ma nella lettera anonima si afferma che i due corpi sarebbero stati sepolti insieme. Ma dove? Nel 2015 spunta una nuova testimone che riferisce l’ubicazione del luogo dove sarebbe stata sepolta la giovane vittima. La donna all’epoca di 60 anni, attendibile, indicava il luogo dove sarebbe stato occultato il cadavere della bambina. La zona sarebbe la stessa che Sandrina avrebbe frequentato con uomini di cui avrebbe dato contezza ad una sua amichetta. Un uomo adulto e brutto avrebbe portato Sandra in auto da via Murri verso Pianoro passando per via Nazionale a Rastignano ma anche in direzione di un vecchio casolare a Ponticella.
Anche in quell’occasione nulla di fatto. La polizia di Bologna lanciava un appello a chiunque sapesse qualcosa sul caso Sandra Sandri: “…Non abbiate più paura – aveva detto all’epoca il vicequestore Elena Jolanda Ceria – molti degli attori di questa vicenda non ci sono più, sono morti e noi vi tuteleremo. Le nostre ricerche non si fermano ma quello che abbiamo al momento non è per noi sufficiente per trovare il corpo di Alessandra Sandri: stiamo lavorando su ben sette aree cimiteriali e non è cosa facile cercare dei resti in un cimitero…”.
Le indagini proseguivano nei paraggi del cimitero di Loiano. Poi una donna, oggi professionista dell’informazione, raccontava qualcosa di simile alla drammatica vicenda di Sandra Sandri: ”…In un garage di via Carissimi ci sono stata anch’io e deve essermi successo qualcosa di brutto, poi sono venuti i miei a salvarmi…Sandra era più grande di me e delle mie amichette… Ma gli orchi c’erano sul serio…”.