Un vero e proprio “commercio” di attestati falsi in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Senza partecipare ad alcun corso i lavoratori ottenevano certificati di idoneità, così gli imprenditori risultavano in regola.
Palermo – Ciò che è emerso dall’operazione di P.G. denominata “FAKE COURSES”, condotta dall’aliquota Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese e il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Palermo, collaborati da varie Stazioni Carabinieri operanti sul territorio, tra cui in particolare, quella di Misilmeri (PA) e Ciminna (PA), è uno spaccato emblematico della spregiudicata connivenza tra pseudo-professionisti e di una certa imprenditoria siciliana in un settore delicatissimo come quello della sicurezza dei lavoratori.
Sono 20 le persone indagate e accusate, a vario titolo, di truffa aggravata, falsità materiale, falsità ideologica, esercizio abusivo della professione di medico, all’esito delle indagini preliminari disposte e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese.
Tessere di un puzzle creato per aggirare le norme che regolano la formazione dei lavoratori e disposto a mettere a repentaglio l’incolumità degli stessi pur di far apparire le aziende beneficiarie virtuose compagini che hanno a cuore la sicurezza nei luoghi di lavoro. Diverse centinaia di documenti contraffatti, 700 circa sono stati rinvenuti e posti sotto sequestro, presso la sede legale di una delle società coinvolte nel corso delle perquisizioni domiciliari disposti dall’autorità giudiziaria delegante.
L’attuale emergenza infortuni, dei quali sono piene le cronache degli ultimi mesi, si spiega anche e soprattutto con l’impiego di personale ignaro delle procedure che consentono di svolgere l’attività lavorativa in relativa sicurezza per sé e per gli altri.
Diverse centinaia di lavoratori e datori di lavoro, dunque, che hanno svolto le loro mansioni sulla base di attestati falsi ottenuti in relazione a corsi mai frequentati o frequentati in misura parziale o in maniera difforme in relazione a quanto previsto dalle specifiche norme. Bastava semplicemente versare al professionista compiacente, amministratore o presidente di un fantomatico ente non iscritto nell’apposito albo della regione siciliana, la cifra prevista dal tariffario proposto e si otteneva, in brevissimo tempo, un attestato apparentemente regolare.
In diversi casi è stata accertata la sostituzione dei docenti “abilitati”, firmatari degli attestati con altri non abilitati alla relativa formazione professionale. Un giro d’affari di svariate centinaia di migliaia di euro che dà la misura del fenomeno. Le indagini, scaturite a seguito di un controllo sanitario da parte dell’A.S.P. locale presso un esercizio pubblico di Misilmeri, sono state inizialmente svolte in provincia di Palermo e, solo successivamente, estese anche a tutte le province della Sicilia.