La lotta alla mafia sarà ancora dura e cruenta. Ma non si deve abbassare la guardia. In caso contrario le vittime della criminalità organizzata saranno morte invano.
Palermo – Il 3 settembre del 1982 in via Isidoro Carini venivano trucidati il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Presenti alla messa in suffragio e alla cerimonia commemorativa il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri. Non ci saranno, invece, i tre figli di Dalla Chiesa. Nando si troverà a Milano dove stanno per iniziare le lezioni all’università, la sorella Rita a Roma e l’altra sorella Simona andrà a Catanzaro:
“…Oggi spesso il decoro delle istituzioni sembra dimenticato – ha detto Nando Dalla Chiesa – serve più decoro. Da parte di tutti. Perché la gente ci creda, lo ripeto, da parte di tutti… Poi c’è chi per educazione e per ruolo, tende a saperlo di più e chi di meno. Le istituzioni non sono un giocattolo, sono una cosa per cui si dà anche la vita… Oggi mio padre avrebbe sgridato diverse persone perché troppo spesso si vedono degli spettacoli che, in parte, si vedevano anche ai suoi tempi. Anche se ci sono stati molti progressi delle istituzioni nella lotta alla mafia. Mi riferisco alla capacità delle istituzioni di riconoscere nella mafia un avversario, anziché un possibile alleato...”.
Purtroppo la lotta alla mafia è ancora lunga e difficile e una certa politica sembra più legata alla criminalità che alla parte sana del Paese. Corruzione e malaffare dilagano all’interno delle istituzioni rendendo sempre più tortuosa la strada verso la legalità.