La richiesta dopo la requisitoria. La Procura “Non è processo politico” ma Bongiorno ribatte “Sul banco degli imputati c’è linea di governo”.
Palermo – Dopo quasi un’intera giornata di requisitoria arriva la richiesta della Procura: condanna a 6 anni di reclusione per Matteo Salvini sul caso Open Arms. “Il diniego consapevole e volontario ha negato la posizione personale di 147 persone. Anche per queste persone ci accingiamo a chiedere la condanna
dell’imputato oltre che per difendere i confini del diritto. Per questo chiediamo la condanna a 6 anni di reclusione”, ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Marzia Sabella, chiudendo la requisitoria del
processo dove Salvini, attuale ministro delle Infrastrutture, è imputato per sequestro di persona e rifiuto
d’atti d’ufficio per aver ritardato lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave della ong Open Arms nell’agosto del 2019, quando ricopriva la carica di ministro dell’Interno.
Il presidente, Roberto Murgia, ha rinviato il processo al 20 settembre quando prenderanno la parola le parti civili. Il 18 ottobre è invece prevista l’arringa della difesa di Salvini. Una richiesta che arriva dopo quasi nove ore nell’aula bunker del Pagliarelli, dove i pm hanno ripercorso la vicenda sia in punto di diritto che nello svolgimento dei fatti. “Il Governo Conte 1, come è emerso in questo processo, con il suo contratto di governo prevedeva di sensibilizzare l’Europa per ottenere una equa distribuzione dei migranti. L’allora ministro dell’interno Matteo Salvini ha ritenuto di potere squilibrare l’unità di misura dei beni giuridici in questione, in favore dei porti chiusi, quale strumento di pressione degli stati membri”, ha detto il procuratore Sabella aprendo la requisitoria.
Assente dall’aula Salvini su Facebook scrive “Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato. Avanti tutta, senza paura”. L’accusa – la procuratrice aggiunta Marzia Sabella e i sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi – sta ricostruendo il quadro giuridico nazionale e sovranazionale di quella fase, poi si addentrerà sugli aspetti della specifica vicenda dell’Open Arms e quindi formulerà alla Corte la richiesta della pena per i reati contestati a Salvini, che all’epoca era ministro degli Interni.
Il pm Gery Ferrara afferma che il “principio chiave è quello del soccorso in mare, che viene dall’Odissea, da tempi ancestrali. Persino in guerra c’è l’obbligo del salvataggio in mare a conferma dell’universalità dei beneficiari. In questo processo affrontiamo il tema dei diritti dell’uomo, la vita, la salute e la libertà personale che prevalgono sul diritto a difendere i confini”.
Il magistrato ha poi aggiunto: “L’Onu ha stabilito che la rotta del mediterraneo centrale sia la più pericolosa del mondo, chiede collaborazione nelle operazioni di ricerca e salvataggio e mette come prioritario la tutela della vita dei naufraghi”. Ferrara va ancora più a fondo della questione dei diritti: “La persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione. Che sia un migrante, un componente di un equipaggio, un passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato. Poi, la giustizia farà il suo corso”.
E ancora il pm: “E’ solo la terraferma a essere un pos, cioè il place of safety, in altre parole il posto più sicuro. E questo lo ha ribadito anche la Corte di Cassazione. Normalmente il Pos è il porto più vicino, però questo è stato modificato nel corso degli anni. Allora dobbiamo rispondere a due domande: la nave di salvataggio può essere considerata un luogo sicuro? Come è stato rappresentato in questo processo. La risoluzione Msc dice che la nave non viene considerata un luogo in sicurezza, anche se è luogo temporaneo di sicurezza, e dovrebbe essere sollevata. Pertanto la nave può esser considerato solo un Pos temporaneo”. E aggiunge: “Che la nave non sia un luogo sicuro è un principio consolidato. Anche le navi ad hoc per effettuare il salvataggio devono avere dei requisiti ben precisi. Quindi, solo la terraferma può essere
un Pos”.
E alla Lega che parla di “processo politico”, il pm, senza ovviamente citare il partito di Salvini domanda: “Questo è un processo politico? È pacifico che qui di atto politico non c’è nulla. Sono stati compiuti atti amministrativi, il rilascio di un pos è un atto amministrativo, gli atti politici sono caratterizzati da requisiti ben precisi”. In un altro passaggio della requisitoria il magistrato parlando del divieto di sbarco ricorda i bambini presenti sulla Open Arms: “si tennero a bordo dei minori in violazione di tutte le convenzioni nazionali e internazionali”. Infine una considerazione sui migranti: “Prima si fanno scendere e poi si redistribuiscono, altrimenti si rischia di fare politica su persone che stanno soffrendo”.
Conclusa la parte di requisitoria di Gery Ferrara sul quadro normativo di riferimento, il pubblico ministero Giorgia Righi ha ricostruito tutti i passaggi relativi alla missione 65 della nave Open Arms dal 1 agosto 2019 fino al momento dello sbarco. Alla precisazione di Ferrara che non è un processo politico ribatte la difesa di Salvini: “E’ una requisitoria un pò contraddittoria, direi, perché la premessa è ‘non stiamo processando il governo’ poi, però, finora ha detto che il decreto sicurezza bis ‘è in contrasto con la Costituzione’ e che ‘non è accettabile prima redistribuire e poi sbarcare’. E che ‘il tavolo tecnico è un tavolo che ribaltava dei principi fondamentali’. Per ora sta parlando di linee di governo che lui contesta. Quindi, non c’è una condotta di Salvini sul banco degli imputati ma sul banco degli imputati c’è una linea politica'”, ha detto l’avvocata Giulia Bongiorno, durante una pausa della requisitoria.
A quel punto Sabella torna sulla linea del governo sottolineando che i “ministri Trenta e Toninelli e il premier Conte nell’agosto del 2019 ritennero di intervenire, non controfirmando il decreto interdittivo, anzi la ministra Trenta si era premurata per i minori. Essere alleati non significa essere correi”. Ecco perché per il magistrato “le posizioni del ministro Matteo Salvini diedero luogo a un caos istituzionale”, “una situazione che avrebbe portato “ad approntare soluzioni di fortuna”. A ritrovarsi in una condizione di “estrema difficoltà” fu la Guardia costiera. Il magistrato ha poi parlato della vicenda sul sommergibile Venuti che “ha avuto risonanza nel dibattimento perché si riteneva di scagionare il ministro dell’Interno e per questo sarebbe stata tenuta nascosta ed emersa in maniera fortuita. A questa nota del 5 agosto nessuno ha dato mai alcuna rilevanza, dall’Autorità giudiziaria di Agrigento che non ritenne di inserirla nel fascicolo”.
Si tratta di materiale video, audio e fotografico realizzato da un sommergibile della marina militare italiana il 1 agosto 2019 e che riguarda le operazioni di salvataggio della Ong. “Erano a disposizione della Procura ma la difesa non ne sapeva nulla, erano atti messi a disposizioni delle parti dagli inquirenti e facevano parte del fascicolo del pm ma a noi no”, aveva denunciato l’avvocato Giulia Bongiorno, legale di Salvini nel corso del dibattimento.
Nell’aula bunker del carcere Pagliarelli il leader della Lega non c’è. Ma in un’intervista a Libero dice di augurarsi che “prevalga il buonsenso, perché la difesa dei confini non è un reato. E’ imbarazzante dover pensare a questo processo, visto che stiamo affrontando sfide importanti e i dati macroeconomici sono positivi: tasso di occupazione al 62,2%, disoccupazione ai minimi storici al 6,8%”. E senza mezzi termini afferma che il caso Open Arms è una “responsabilità politica della sinistra, che ha deciso di vendicarsi del sottoscritto mandandomi a processo. Una mossa disperata, di chi non sa vincere nelle urne e allora prova a eliminare i rivali per via giudiziaria. Un film già visto con Silvio Berlusconi e che stiamo vedendo – per certi aspetti – perfino con Donald Trump”.
Il vicepremier annuncia ancora prima della requisitoria che la “Lega ha già previsto per i prossimi due fine settimana la mobilitazione in centinaia di città italiane – con tanto di raccolta di firme – per sostenere che il processo di Palermo non è un processo al segretario della Lega o all’ex ministro, ma un processo all’Italia e alla coerenza di chi ha fatto quello che aveva promesso”, conclude Salvini. Intanto, il fondatore della ong spagnola Open Arms, Oscar Camps, fuori dall’aula bunker del carcere Pagliarelli a Palermo parla di “un giorno importante per la giustizia italiana, la vicenda Open Arms è un caso unico. Dopo cinque anni siamo alla fase iniziale”.