Omicidio Nada Cella, in aula le minacce di Annalucia Cecere alla criminologa: “Il mio cane, se ti ripresenti, ti spappola viva”

Durante l’udienza del processo in corso a Genova sono stati ascoltati i messaggi vocali in cui l’imputata minacciava Antonella Delfino Pesce, la professionista che riaprì il caso.

Genova – Nuova udienza oggi, giovedì 8 maggio, del processo per l’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria uccisa a Chiavari il 6 maggio 1996. Al centro dell’udienza, i messaggi vocali di minaccia che Annalucia Cecere, ex insegnante e imputata per l’omicidio, avrebbe inviato alla criminologa Antonella Delfino Pesce, testimone chiave del procedimento.

È stata proprio Delfino Pesce, tra il 2017 e il 2019, a studiare i vecchi fascicoli dell’indagine rimasta irrisolta per oltre vent’anni, ricostruendo gli indizi che hanno poi portato all’incriminazione di Cecere. Durante la deposizione in aula, sono stati ascoltati gli audio contenenti insulti e minacce gravi rivolte alla criminologa:

“Come facevi a sapere di Marco? Hai paura, eh? Ora sono qua, non ti preoccupare.”
“Il mio cane, se ti ripresenti, ti spappola viva.”
Ti trascino per i capelli dagli inquirenti… poi ti faccio io le domandine.”

Frasi forti, che rafforzano – secondo l’accusa – il profilo di aggressività e ossessione già delineato in atti.

Il movente: rancore e gelosia

Il movente del delitto, secondo la PM Gabriella Dotto, sarebbe da ricondurre a rancore e gelosia nei confronti di Nada, che lavorava nello studio del commercialista Marco Soracco, a sua volta imputato con l’accusa di favoreggiamento e false informazioni al pubblico ministero. Secondo gli inquirenti, Soracco avrebbe coperto Cecere e ostacolato le indagini.

La criminologa ha raccontato in aula di aver avuto inizialmente un buon rapporto con Soracco, che l’aveva aiutata a orientarsi nei documenti del caso. “All’inizio eravamo diventati anche amici – ha detto – ma dopo la riapertura dell’inchiesta, nel 2021, il rapporto si è interrotto bruscamente.”

Secondo l’accusa, Annalucia Cecere era innamorata di Soracco e avrebbe visto in Nada Cella una rivale, arrivando a ucciderla per prendere il suo posto nella vita dell’uomo.

L’arresto e il processo

Dopo l’omicidio, Cecere si trasferì a Boves, in provincia di Cuneo, dove fu rintracciata proprio da Delfino Pesce, che in quel periodo stava ancora lavorando sul caso. Le minacce sarebbero arrivate proprio dopo l’inizio della sua collaborazione con gli inquirenti.

Il processo, che punta a fare finalmente luce su uno dei cold case più controversi d’Italia, proseguirà con le prossime udienze. La difesa dell’imputata nega ogni responsabilità, ma gli elementi raccolti, tra cui i messaggi vocali e le testimonianze, sembrano pesare sempre di più nel quadro accusatorio.

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