Omicidio Mollicone, il mistero del biglietto: il dentista smentisce Carmine Belli

Alessandro Di Mambro sostiene di non aver mai avuto una Porsche, dunque di non averla potuta vendere al carrozziere, che nella vettura avrebbe trovato l’appunto con data e ora della visita di Serena.

ARCE (Frosinone) – Si torna a parlare di Carmine Belli, il carrozziere di Arce accusato e poi prosciolto, in tre gradi di giudizio, perché accusato ingiustamente della morte di Serena Mollicone. Nel processo di secondo grado, terminato il 12 luglio scorso con l’assoluzione dei cinque imputati, i tre componenti della famiglia Mottola e i due carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, Belli aveva ripetuto e confermato la versione dei fatti di cui era a conoscenza: ”Vidi Serena che litigava con un ragazzo biondo con i capelli a spazzola mesciati fuori dal bar delle Chioppetelle”.

Carmine Belli all’epoca della sua disavventura giudiziaria

Il riferimento a Marco Mottola sembrava scontato. Nei giorni scorsi però il dentista che aveva in cura la studentessa di Arce, il dottor Alessandro Di Mambro, avrebbe dichiarato ad un’agenzia di stampa di non aver mai posseduto un’auto di marca Porsche dunque come sarebbe finito dentro quella vettura il bigliettino intestato allo studio odontoiatrico in cui si fissava data e ora dell’appuntamento a Serena Mollicone? Di Mambro sarebbe stato lapidario:” Non ho mai posseduto una Porsche e non ho mai conosciuto Carmine Belli – ha asserito il medico durante un’intervista – E’ una notizia falsa e completamente inventata. Il bigliettino del nostro appuntamento con Serena non so come possa essere finito li…”. Dunque un’auto di marca Porsche ci sarebbe stata realmente nell’officina di Belli ma, evidentemente, il proprietario non era il dentista ma un altro. Carmine Belli, nei due gradi di giudizio che ha visto assolti i Mottola, ha confermato di aver trovato dentro l’auto del dentista, che aveva acquistato, il famoso biglietto.

Ma secondo quanto dichiarato dal medico che aveva in cura la vittima, il carrozziere avrebbe riferito una fesseria atteso che Di Mambro non avrebbe mai venduto un’auto di quel tipo per il semplice fatto di non averla mai posseduta. La pubblica accusa però si sarebbe limitata nell’affermare che quel biglietto sarebbe stato lasciato nell’auto proprio da Franco Mottola. Ma è proprio cosi? Strano anche che la cosa non sia venuta fuori prima poiché il particolare ricopre un’importanza notevole e potrebbe far rispolverare vecchie piste investigative poi abbandonate. Del resto accertare quanto affermato dall’odontoiatra non è cosa difficilissima dunque Carmine Belli ha mentito? Oppure il professionista si sarebbe inventato tutto? E perché poi?

I Mottola assolti nei due gradi di giudizio

Nel frattempo la Procura generale della Corte d’Appello di Roma ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza di secondo grado del processo per la morte della povera ragazza. Il 12 luglio scorso la Corte d’Assise d’Appello di Roma assolveva tutti e cinque gli imputati praticamente con formula piena, confermando il verdetto di primo grado. Il ricorso, annunciato dal Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma, Giuseppe Amato, riguarda soltanto i Mottola e non i due militari Quatrale e Suprano:

“Consapevoli che ci si trova in presenza di una cosiddetta ‘doppia conforme’ sentenza di assoluzionecome si legge in atti – qui si vuole, potendolo fare, censurare la decisione liberatoria perché il giudice di Appello è incorso non tanto e non solo in evidenti carenze motivazionali ma, di più, ha reso una motivazione solo apparente per non aver espresso un ragionamento intrinsecamente coerente e una valutazione argomentata degli elementi di prova (compresi quelli, nuovi, emersi in secondo grado) e per non avere esaminato le argomentazioni contrarie avanzate dalla procura generale sostenendone, eventualmente, l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità”.

Guglielmo Mollicone ha combattuto sino all’ultimo per ottenere giustizia

La Procura generale, di seguito, si spinge oltre: ”La mancanza di valutazione degli argomenti portati dall’accusa e, in alcuni casi, la mancanza di valutazione tout court – si evidenzia nel ricorso siglato dal sostituto procuratore generale Deborah Landolfi – risulta evidente ove si consideri che il giudice, pur riconoscendo la valenza accusatoria degli elementi, non solo dichiarativi, acquisiti in atti, ne ha neutralizzato la rilevanza senza una spiegazione logica e comprensibile, limitandosi a considerazioni meramente assertive, senza valorizzazione di ipotesi alternative concretamente sostenibili”.

Santino Tuzi morto suicida in circostanze mai chiarite del tutto

Poi si fa riferimento alle dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi, morto suicida, che collocano Serena, in maniera inequivocabile, all’interno della caserma dei carabinieri di Arce. Altro particolare dal quale i magistrati giudicanti, secondo Landolfi, non avrebbero tratto conseguenze coerenti in punto di responsabilità.

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