Filippo Piritore interrogato dal gip dopo l’accusa di depistaggio sul guanto scomparso. “Qualcuno mi disse di procedere così”.
Palermo – Stato di agitazione, confusione mentale e possibili errori interpretativi. Sono questi gli elementi su cui ha costruito la propria difesa Filippo Piritore, ex prefetto fermato giovedì con l’imputazione di aver depistato le indagini sull’assassinio di Piersanti Mattarella. Durante l’udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari, l’indagato ha respinto ogni addebito: “Io entro in uno stato di confusione e ansia. Avrò detto una cosa interpretata male. Mi protesto innocente. Probabilmente ero agitato quando ho detto quelle cose. Non so come è venuto fuori il nome di Lauricella, non so dirlo”.
L’inchiesta ruota attorno alla scomparsa di un guanto in pelle rinvenuto nel veicolo utilizzato per allontanarsi dal luogo dell’omicidio dell’ex governatore siciliano. Secondo l’accusa, Piritore avrebbe fornito versioni mendaci che hanno contribuito alla dispersione di questa prova potenzialmente cruciale. L’ex funzionario ha però ribattuto con decisione: “Io non ho occultato nulla. Qualcuno mi avrà detto di procedere in quel modo, forse i miei dirigenti dell’epoca. Io ho fatto solo il mio dovere”.
Riavvolgendo il nastro a quel 6 gennaio, quando l’allora responsabile della sezione rapine della Mobile palermitana venne allertato mentre si trovava a casa, Piritore ha ricostruito: “Ai tempi ero alla sezione rapine, il mio superiore era il dottor Contrada ma non avevo rapporti personali con lui. Il 6 gennaio sono stato contattato a casa e mi sono recato sul posto dove era stata trovata l’autovettura. Non ricordo chi c’era ma qualcuno era già lì”.
Il nodo centrale riguarda le contraddizioni emerse tra quanto dichiarato dall’indagato ai magistrati nel 2024 e nelle relazioni degli anni passati e quanto riferito dai testimoni chiamati in causa. Nelle sue versioni precedenti, Piritore aveva affermato di aver consegnato il guanto a un operatore della Scientifica, il quale però ha smentito categoricamente. Aveva poi sostenuto che il reperto fosse finito nelle mani dell’allora pubblico ministero Piero Grasso, che da sempre ha negato di averlo mai ricevuto. Infine aveva parlato di un ulteriore passaggio a un collega di cognome Lauricella. E qui è il nodo della questione: negli archivi del personale della Polizia Scientifica di quel periodo non risulta alcun dipendente con tale nominativo.