Omicidio Frino: il padre alla sbarra, parte civile le tre figlie che chiedono giustizia

L’ex guardia giurata Angelo Di Lella freddò la moglie Giovanna con due colpi a bruciapelo. A marzo in aula la figlia maggiore, testimone del delitto.

APRICENA (Foggia) – Davanti alla Corte d’Assise di Foggia è in fase di giudizio di primo grado Angelo Di Lella, 56 anni, ex guardia giurata, imputato per l’omicidio aggravato della moglie Giovanna Frino, 44 anni, ammazzata a colpi di pistola il 16 dicembre 2022. L’uomo è accusato dal Pm Giuseppe Mongelli anche di premeditazione e maltrattamenti in famiglia. Il 9 febbraio scorso la Corte ha acquisito gli atti investigativi eseguiti dai carabinieri sulla scena del crimine unitamente ai verbali delle dichiarazioni di tre testimoni residenti nello stabile di via Saragat, ad Apricena, dove si è consumato il femminicidio.

Rinviata a marzo, invece, la testimonianza della figlia maggiore della coppia, all’epoca dei fatti minorenne, che ha assistito al grave fatto di sangue. Insieme alle altre due sorelle minori, rappresentate anche loro dall’avvocato Ermenegildo Russo, la ragazza che era presente all’omicidio della madre ha disposto la costituzione di parte civile contro il genitore presunto assassino:

L’edicio di via Saragat dove si è consumato il femminicidio

“La scelta di costituirsi parte civile nel processo contro il loro padre è stata una scelta dolorosa ma molto sentita – ha detto l’avvocato Russo – E, soprattutto, rappresenta un segnale importante: le ragazze saranno parte del processo e vedranno lo Stato che risponde, attraverso la Corte di Assise riunita per decidere la sorte di un padre che ha ucciso la loro madre…”.

Alla sbarra era presente l’imputato, difeso dal penalista Antonio Gabrieli, che si è sempre professato innocente, assieme ai familiari della vittima, anche questi ultimi costituitisi parte civile e rappresentati dall’avvocato Nicola Marro. In aula c’erano anche i responsabili delle associazioni a tutela delle donneImpegno Donna e Filo d’Ariannaparti civili nel procedimento penale. I due litigavano spesso, a detta dei vicini di casa, e negli ultimi mesi gli alterchi, anche violenti e alla presenza delle tre figlie, si erano intensificati. La donna, al culmine di un ennesimo litigio con il marito, veniva centrata in pieno petto da due dei tre colpi di semiautomatica calibro 9 sparati a bruciapelo dal coniuge nell’ambito ristretto della cucina di casa.

Angelo Di Lella si è sempre professato innocente

Giovannamorta sul colpo, stramazzava sul pavimento in un lago di sangue mentre Angelo, incurante della figlia più grande che urlava e tentava di mettersi in salvo, si barricava nell’appartamento ma, grazie all’intervento immediato dei carabinieri e alla loro opera di mediazione, l’ex vigilante si è poi consegnato ai militari della locale stazione. Nel 2017 la guardia particolare giurata era stato licenziata dall’istituto di vigilanza dove svolgeva servizio di controllo di abitazioni e opifici e da allora era rimasto praticamente disoccupato.

La perdita del lavoro aveva modificato umore e comportamenti di Di Lella, specie con i familiari con i quali era diventato violento e, in particolare, geloso della moglie diventata obiettivo di vessazioni e soprusi: Il Pm Mongelli, infatti, contesta all’imputato di aver sparato tre volte contro la moglie dopo averla spintonata e, come si legge in atti, “abitualmente maltrattata anche alla presenza delle due figlie minori, con sistematiche aggressioni verbali e fisiche; con una serie di atti lesivi dell’integrità fisica e morale della vittima, rivolgendole ingiurie e minacce tali da rendere dolorose e mortificanti le relazioni familiari”. Il tutto perché l’imputato sarebbe stato “ossessivamente geloso della moglie, accusata pubblicamente di avere amanti, aggredita con schiaffi e lanciandole contro oggetti”.

Il sindaco di Apricena durante l’inaugurazione dello spazio verde dedicato alla vittima

Alcuni mesi prima della tragedia l’uomo aveva lavorato come bracciante agricolo e dipendente di una ditta di trasporti, ma lo stato di “prostrazione psicologica” per la precedente occupazione sfumata nel nulla e la gelosia nei riguardi della moglie debbono aver avuto un ruolo fondamentale nella decisione di eliminare fisicamente la povera donna. In ogni caso l’uomo, ora come allora, non ha mai ammesso di essere il responsabile della morte della moglie e durante l’interrogatorio di garanzia aveva fatto scena muta davanti al Gip avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il processo proseguirà il prossimo 1 marzo e in calendario, oltre alla figlia della vittima, ci sono venti testi da escutere nella lista presentata alla Corte dalla pubblica accusa.

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