Il 28enne gambiano, è accusato di aver ucciso il domestico filippino Angelito Manansala nella villa di un imprenditore israeliano a Milano.
Milano – Si terrà domani l’udienza per la convalida del fermo di Dawda Bandeh, il 28enne di origine gambiana accusato dell’omicidio di Angelito Acob Manansala, collaboratore domestico di 61 anni, di nazionalità filippina. Il delitto è avvenuto il giorno di Pasqua all’interno di una villa nel capoluogo lombardo, appartenente a un imprenditore israeliano di 52 anni.
Secondo le prime ricostruzioni della Questura di Milano, il presunto assassino si sarebbe introdotto nella villa la mattina di Pasqua, approfittando dell’assenza del proprietario, in vacanza. Sarebbe stato sorpreso dal domestico, che lo avrebbe affrontato. A quel punto, secondo gli inquirenti, Bandeh avrebbe aggredito e strangolato l’uomo, rimanendo poi nell’abitazione per tutto il giorno.
Il corpo senza vita di Manansala è stato scoperto alle 18, quando il proprietario della villa è rientrato a casa e ha dato l’allarme. All’arrivo della Polizia, l’intruso è stato trovato ancora all’interno dell’abitazione e fermato sul posto.
L’elemento che ha ulteriormente aggravato la posizione del giovane è il fatto che, solo poche ore prima, era stato fermato dai Carabinieri per un altro tentativo di furto. Dopo l’intervento, era stato rilasciato su disposizione dell’autorità giudiziaria.
Le forze dell’ordine stanno ora visionando i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona per ricostruire con precisione la dinamica e i movimenti dell’indagato. Il lavoro investigativo punta a chiarire le motivazioni del gesto, e a verificare se vi siano altri responsabili o complici.
La città di Milano è scossa da un delitto che ha suscitato forte indignazione, non solo per la brutalità dell’azione ma anche per le falle nel sistema di prevenzione, vista la rapidità con cui il sospettato è passato da un fermo a un omicidio nel giro di poche ore.