Oltre 3mila like al post dell’omicida di Palermo, indaga la Procura

Gaetano Maranzano ha condiviso un video con dialoghi tratti dalla fiction su Riina. Gli inquirenti vogliono capire chi siano i ragazzi che hanno applaudito e i loro contesti familiari.

Palermo – Un fenomeno inquietante ha attirato l’attenzione della magistratura palermitana dopo l’assassinio di Paolo Taormina, il 21enne ucciso con un colpo di pistola alla testa. Il presunto autore del delitto, Gaetano Maranzano, ha diffuso sui social un filmato che ha raccolto migliaia di reazioni favorevoli da parte degli utenti, sollevando interrogativi preoccupanti sul clima culturale che permea alcune fasce giovanili del capoluogo siciliano.

Il contenuto multimediale mostra l’uomo davanti a immagini della figlia minore, mentre in sottofondo scorre un estratto da una produzione televisiva sulla figura di Salvatore Riina. Nel brano audio selezionato, il boss mafioso dialoga con tono provocatorio con un rappresentante delle forze dell’ordine che si accinge ad ammanettarlo, contestando il motivo della sua cattura. La scena si riferisce all’arresto per l’uccisione del dottor Navarra, con il criminale che conclude denigrando la professione dell’agente.

La diffusione del video è avvenuta rapidamente dopo i fatti di sangue. Già al mattino seguente erano emerse trecento approvazioni, numero poi lievitato fino a toccare quota 3.800. L’identificazione del responsabile del crimine era stata pressoché immediata: residenti e frequentatori abituali dell’area del Teatro Massimo, dove si concentra la movida cittadina e che Maranzano visitava saltuariamente, lo avevano riconosciuto già nelle ore notturne. Anche i congiunti della vittima avevano identificato il giovane dello Zen.

L’ufficio della Procura minorile, sotto la direzione di Claudia Caramanna, ha deciso di concentrare gli sforzi investigativi non tanto sull’autore materiale del crimine, quanto su chi ha manifestato consenso attraverso le interazioni social. Gli agenti specializzati in indagini digitali della sezione di polizia giudiziaria sono stati incaricati di risalire agli utenti reali nascosti dietro i profili online, un’operazione complessa ma già sperimentata in precedenti casi delicati.

L’intento della magistratura non è punitivo ma preventivo: attraverso procedimenti civili di tutela, si intende verificare la situazione dei nuclei familiari di questi ragazzi, valutando se ricevano un’educazione adeguata e se vivano in ambienti che favoriscono l’identificazione con modelli criminali. Quelle migliaia di approvazioni vengono interpretate come sintomo di un disagio trasversale che coinvolge sia le periferie degradate sia zone più centrali della città.

Qualora dall’analisi dei profili emergessero anche messaggi esplicitamente elogiativi nei confronti dell’assassino, la natura degli accertamenti potrebbe mutare, trasformandosi da amministrativa a penale anche per eventuali minori coinvolti.

L’attenzione della Procura si è estesa anche alla situazione della bambina di Maranzano, che nei suoi post social appare con addosso pendenti particolari: riproduzioni di armi da fuoco in metallo dorato, identiche a quelle sfoggiate dal padre. L’uomo ha un passato giudiziario collegato al commercio di sostanze stupefacenti, seppur con episodi di minore gravità.

Da tempo l’ufficio guidato dalla dottoressa Caramanna ha avviato un programma strutturato rivolto ai discendenti di malavitosi e trafficanti. L’iniziativa mira a strappare bambini e adolescenti da realtà familiari tossiche, proponendo percorsi alternativi attraverso il protocollo denominato “Liberi di scegliere”. Il meccanismo prevede inizialmente colloqui con le genitrici, sia per comprendere le dinamiche domestiche sia per presentare la possibilità di un trasferimento lontano dall’ambiente originario, verso una nuova esistenza.

Tuttavia, la risposta delle donne interpellate è stata prevalentemente negativa, con un rifiuto sistematico dell’esistenza di problematiche educative. Questa resistenza ha portato la magistratura a sollecitare interventi più drastici, richiedendo ai giudici la privazione della responsabilità genitoriale nelle situazioni più compromesse.