Sono delinquenti da strapazzo o psicopatici pervertiti che insultano tout-court per sentirsi appagati. Prima è toccato ai Vip, oggi colpiscono chiunque nascondendosi dietro profili fasulli o altri artifici virtuali.
Roma – L’ultima in ordine temporale è stata Sonia Bruganelli, colpevole di brindare con la mascherina. La prima a lamentarsene è stata invece Laura Boldrini, ex presidente della Camera che, minacciata persino di stupro e violenza di gruppo, è stata costretta ad adire le vie legali lanciando l’hastag #Adessobasta! Con la massiccia diffusione di internet abbiamo imparato il significato della parola hater, il neologismo coniato dall’inglese che letteralmente significa “odiatore”. Bersaglio preferito degli haters sono le celebrities, soprattutto se donne, anche se ormai non disdegnano le persone comuni. Anche uomini.
Chiara Ferragni, Belen Rodriguez, Michela Murgia, Samantha Cristoforetti, Liliana Segre, sono tutte donne famose e di successo, accomunate dal fatto di essere di essere state oggetto di hate speech (parole d’odio) insulti, offese e minacce da parte di leoni da tastiera che, nascondendosi dietro l’anonimato della rete, garantiti da profili fake e da vari strumenti digitali, lanciano i loro improperi deridendo e minacciando sui social un numero enorme di utenti. Da vigliacchi quali sono si fanno scudo dello schermo di un computer o di un telefonino e fomentano odio verso persone specifiche: personaggi dello spettacolo; della politica; della cultura; ma anche verso interi gruppi di appartenenza: partiti, migranti, stranieri, gruppi etnici e tanto altro ancora.
Il fenomeno sociale degli haters è emerso ed è dilagato dopo l’avvento dei social network. Diffamano e disprezzano qualunque cosa su cui non siano d’accordo, criticano per partito preso, per sentito dire, ma dietro tanta rabbia e livore, dietro la violenza verbale e gli insulti alle vittime, si nasconde tutta la loro mediocrità, la loro pochezza e la loro invidia sociale. Oltre che un profondo disagio quando non vera e propria depressione rabbiosa. Chi frequenta la rete, prima o poi, potrebbe imbattersi in qualche odiatore sociale, basta un commento poco gradito, una foto, a scatenare la loro ira. Quasi a tutti sarà capitato di commentare un post, o postare in prima persona, ricevendo una marea di insulti da un qualche utente inferocito in aperto dissenso.
Per difendersi la cosa migliore è ignorare le provocazioni perché l’haters non aspetta altro che un ulteriore commento della persona che intende colpire, per proseguire l’azione denigratoria. Qualunque risposta sarebbe inutile, non cambierebbe opinione, perché non gli importa il confronto ma lo scontro, sproloquia e basta, va in rete per sfogarsi. Si sente in diritto di dire qualsiasi cosa, purché prevalga il suo Ego, quasi fosse il depositario della verità assoluta.
E in attesa che il legislatore obblighi chiunque apra un profilo social a presentare un documento di identità, in modo da responsabilizzare chiunque navighi in rete, in presenza di espressioni di gravemente umilianti ed infamanti, si può sporgere denuncia presso la polizia postale o i carabinieri o presentarla direttamente alla Procura della Repubblica, entro tre mesi dall’offesa o da quando se ne viene a conoscenza.