Nuova aggressione in carcere: poliziotta nel mirino di una detenuta a Perugia

La denuncia del Sappe: la reclusa non voleva rientrare in cella. Il sindacato da mesi chiede un intervento contro la spirale di violenza.

Perugia – Una detenuta del carcere umbro di Capanne ha aggredito una poliziotta in servizio nella struttura. A denunciarlo è il Sindacato autonomo polizia penitenziaria con il segretario dell’Umbria Fabrizio Bonino. “La detenuta – è la ricostruzione del sindacalista in una nota -, dopo avere fatto una telefonata, era particolarmente agitata e non voleva rientrare in cella: si è scagliata contro le agenti, provocando ad una di loro lesioni per le quali si è reso necessario l’accompagnamento in ospedale. Il tempestivo intervento delle colleghe, cui va tutta la nostra solidarietà, ha impedito che la critica situazione si aggravasse ulteriormente”.

“Il lavoro in carcere è un lavoro oscuro, perché quando viene arrestato un pericoloso latitante la vicenda finisce sulle pagine dei giornali, ma tutto quello che accade successivamente, negli anni a seguire, è oscuro e non subirà la stessa sorte, non comparirà sulle pagine dei giornali né in televisione, non farà notizia”, commenta Donato Capece, segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria. “Per questo – aggiunge – è fondamentale che le istituzioni raccolgano nuovamente il nostro appello: investite nella sicurezza per avere carceri più sicure. Questo vale per Perugia ma anche per tutte le altre strutture detentive umbre”. Capece è tornato a ribadire la “necessità di un intervento” dopo l’operazione di servizio della Polizia Penitenziaria, che in queste ore ha sequestrato sette smartphone, due coltelli a serramanico e una lama lunga circa 11 centimetri, tutti accuratamente occultati nelle celle del carcere di Matera occupate da molteplici detenuti di nazionalità italiana.

Capece sottolinea che è “oramai continua l’azione di contrasto per l’introduzione, la detenzione e l’uso di telefoni cellulari e droga in carcere che vede quotidianamente impegnati gli uomini e le donne della Polizia penitenziaria”. Così per le aggressioni agli agenti. “Il Corpo di polizia penitenziaria ha dimostrato, negli anni, non soltanto di costituire un grande baluardo nella difesa della società contro la criminalità, ma ha anche dimostrato di avere in sé tutti i numeri, le capacità, le risorse, gli strumenti per impegnarsi ancora di più nella lotta contro la criminalità, per impegnarsi non soltanto dentro il carcere, ma anche fuori”, aggiunge il segretario del Sappe.

Il 7 dicembre, la notizia della brutale aggressione nel carcere di Salerno  ai danni di un agente della polizia penitenziaria, sempre durante le operazioni di chiusura delle camere detentive: un detenuto extracomunitario della sezione comune aveva colpito il poliziotto con dei pugni al volto. Il poliziotto era stato subito soccorso e trasportato in ospedale con un’ambulanza del 118. I sanitari gli hanno riscontrato un grosso ematoma al capo: la prognosi è stata di 20 giorni. L’Unione Sindacati Polizia Penitenziaria (USPP) ha condannato “con fermezza questa ennesima aggressione, che evidenzia la grave situazione di insicurezza all’interno del carcere di Salerno”.

Disordini e aggressioni nelle carceri da Nord a Sud: a Foggia il Sappe aveva denunciato a ottobre una serata da incubovissuta nel carcere pugliese. Federico Pilagatti, segretario del sindacato aveva raccontato della rivolta con i detenuti che avrebbero tentato di uscire dai reparti. “Ormai gli atti di violenza e prepotenza dei detenuti ristretti a Foggia – aveva spiegato – scattano per qualsiasi banale motivazione, poiché l’arroganza il disprezzo delle regole, sono diventate pane quotidiano per colpa del Dipartimento amministrazione penitenziaria, che praticamente lascia impuniti i colpevoli di tali azioni, nonché mantiene il carcere sovraffollato con circa 700 detenuti per 360 posti e con circa un centinaio di poliziotti in meno rispetto a quelli necessari”.

“Purtropporesponsabili di tale eventi – aveva aggiunto Pilagatti – non pagheranno quasi per nulla (come quasi accaduto finora) poiché sanno che non verranno puniti adeguatamente né dalla magistratura che dall’amministrazione penitenziaria, poiché per un poliziotto anche per un minimo schiaffo scattano arresti e sospensioni immediate dal servizio, mentre per i detenuti che compiono questi gesti violenza e prepotenza inaudita nessun provvedimento restrittivo immediato e né tantomeno applicazione delle leggi che ci sono nei confronti dei detenuti che mettono a rischio la sicurezza delle carceri oppure massacrano di botte, con danni permanenti i poliziotti; forse perché la vita di un servitore dello Stato vale ‘zero’ mentre quella dei delinquenti 1000?”.

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