Tribunale durante il processo d’appello per le accuse di tortura nel carcere di Torino

“Numero chiuso” nelle carceri: la proposta rilanciata da Samuele Ciambriello

Il portavoce della Conferenza dei Garanti dei detenuti nel giorno della mobilitazione. Magi: “Così si rispetta la capienza regolamentare”.

Napoli – Per combattere il sovraffollamento nelle carceri serve il “numero chiuso”: la proposta è stata lanciata da Samuele Ciambriello, Garante dei detenuti campano e portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali nel giorno della mobilitazione nazionale indetta sull’emergenza carceri. Ma che significa numero chiuso: “nel senso che se sono X i posti a Poggioreale, non bisogna portare altri detenuti. E così in altre carceri. E questa è la nostra vera provocazione per dire: utilizzate di più braccialetti e arresti domiciliari, ma il carcere deve essere una extrema ratio. Abbiamo bisogno di non incarcerare per piccoli reati e quando le persone vi entrano, abbiamo bisogno di misure alternative al carcere. Questo è un appello anche per la magistratura di sorveglianza”, ha affermato Ciambriello.

La maratona per accendere i riflettori sull’emergenza carceri ha fatto tappa anche a Napoli, a piazzale Cenni, tra il Palazzo di Giustizia e il carcere di Poggioreale, con l’iniziativa ‘Carcere: liberare la speranza!’. Gli stessi detenuti, dalle finestre, hanno salutato i partecipanti all’iniziativa, scandendo il nome del Garante. Da una delle finestre i detenuti hanno mostrato un lenzuolo con la scritta “Misure alternative al carcere”. In Campania – secondo dati aggiornati al 21 febbraio – sono 7.524 i detenuti presenti a fronte di 5.584 posti disponibili, con un indice di sovraffollamento del 134%. “Abbiamo bisogno di una misura deflattiva subito per coloro che devono scontare un anno di carcere e che non hanno reati ostativi. In Italia sono ottomila, in Campania 907″, ha detto Ciambriello.

Sulla questione del “numero chiuso” interviene anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi. La conferenza nazionale dei Garanti territoriali dei detenuti è “tornata a denunciare la condizione delle carceri italiane rimasta immutata dopo i tanti annunci fatti dal governo in questi mesi. E lo ha fatto – afferma Magi – indicando la strada che noi condividiamo pienamente e che abbiamo anche tradotto in proposte di legge. Innanzitutto, si dovrebbe iniziare a pensare a misure, previste dalla nostra Costituzione, come amnistia e indulto. Ma sappiamo benissimo che questo governo, che di garantista non ha nulla, non ha alcuna intenzione di darvi seguito. Eppure, ci sarebbero altri modi per ridurre la popolazione carceraria, riducendo il sovraffollamento e quindi anche suicidi, atti di autolesionismo, sofferenze e rivolte: numero chiuso e case di reinserimento sociale”.

“Il numero chiuso negli istituti penitenziari consentirebbe di rispettare la capienza regolamentare del sistema penitenziario italiano. Inoltre, abbiamo depositato una proposta di legge affinché chi ha meno di un anno di pena da scontare possa farlo in case territoriali di reinserimento sociale, strutture volte alla formazione lavorativa e alla formazione professionale. Infine, al governo chiediamo di rispettare anche la sentenza della Corte costituzionale sull’affettività in carcere: la pena non può andare oltre la privazione della libertà e i detenuti devono poter godere di questo diritto quando questo non costituisce elemento di pericolosità”, conclude Magi.

Igor Boni, di Europa Radicale, ha lanciato una proposta alla politica per affrontare questa emergenza, chiedendo una revisione del sistema carcerario. Secondo Boni, ogni struttura ha una capienza regolamentare ben definita. “Se il numero massimo di detenuti è già stato raggiunto, ogni persona che entra in carcere dovrebbe essere accompagnata dall’uscita di un’altra”, ha affermato. Boni critica l’uso del carcere come un parcheggio sociale per malattie psichiatriche, tossicodipendenza, indigenza e marginalità. Per risolvere il problema, è necessaria una collaborazione tra le autorità carcerarie e le istituzioni politiche, nonché una forte pressione sul governo per il cambiamento. “Il numero chiuso non è una novità: è già una realtà in Paesi come la Gran Bretagna”, ha concluso Boni.

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