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Negligenze per la prima ondata di Covid-19. Dove sono i colpevoli?

Qualche settimana fa la Procura di Bergamo ha diffuso un avviso di chiusura delle indagini relativamente alle prime fasi dell’ondata di Covid-19 che nel marzo 2020 ha travolto il nostro Paese.

Roma – Emblematica della criticità di quella fase rimarrà nei nostri ricordi l’immagine della fila di camion dell’Esercito che trasportavano le bare dei deceduti per Covid-19, nel marzo 2020 a Bergamo.

Nonostante l’aumento dei contagi e le condizioni di una possibile “catastrofe”, le istituzioni preposte decisero di non istituire la cosiddetta “zona rossa”, che avrebbe potuto tenere sotto controllo il fenomeno. Inoltre, non fu messo in atto il piano antinfluenzale, risalente al 2006, la cui trascuratezza ne favorì la diffusione. Si ricorderà che assurse agli oneri della cronaca l’ospedale “Pesenti Fenaroli” di Alzano, in provincia di Bergamo, epicentro della pandemia, dove furono individuati il paziente 1, numerosi casi e anche vittime. Per la cronaca c’è da dire che molti nel mondo accademico e medico ritennero che si trattava di una banale influenza e che tutto l’allarmismo era fuori luogo. Basta andare a leggere le dichiarazioni di quel periodo per rendersi conto che sarebbe stato meglio tacere.

Conte e Speranza sono tra gli indagati.

Ben 19 sono gli indagati, tra cui l’ex Presidente del Consiglio Conte, l’ex Ministro della Salute Speranza, il presidente della Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore del Welfare lombardo Giulio Gallera, e vari esponenti di rilievo del mondo della sanità italiana, come Claudio D’Amario ex dg della prevenzione del ministero, Agostino Miozzo coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Silvio Brusaferro, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, e Angelo Borrelli, ex capo della Protezione Civile. Le accuse contestate a vario titolo, sono epidemia colposa aggravata, omicidio colposo. Nell’atto di chiusura indagini emerge con chiarezza che il non aver istituito la zona rossa ha esacerbato la pandemia in Val Seriana con una crescita stimata non inferiore al contagio di 4.148 persone, equivalente al numero di decessi in meno, se, invece, fosse stata disposta.

Sarebbe interessante sapere com’è stato stimato il numero. Per quanto riguarda l’attuazione del piano pandemico, viene contestato di aver proposto piani alternativi impedendone l’utilizzo delle contromisure previste. Inoltre non fu applicato il piano regionale. Infine, a finire sotto indagine sono stati anche il vertici e i dirigenti dell’Asst (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) di Bergamo per quello che concerne l’ospedale di Alzano.

Secondo la procura non furono prese le misure necessarie per contrastare il Covid-19 e, si ricorderà che il pronto soccorso venne prima chiuso e poi riaperto senza la conforme sanificazione. Decisione da cui emerge il pressapochismo in cui si operò, a testimonianza che tale comportamento fu simile ad un ubriaco che cammina per strada: va a tentoni senza una meta precisa. Inoltre, fu anche una scelta ridicola, che avrebbe potuto suscitare ilarità se non ci fossero stati dei morti.

L’immagine delle bare trasportate dai camion militari a Bergamo.

Ora è chiaro che se queste accuse venissero dimostrate, giuste e sacrosante sarebbero le condanne perché procurare morti per inadempienze e improvvisazioni da parte delle autorità costituite è un atto che ha che fare col concetto di strage. In una sana democrazia, chi sbaglia è soggetto a sanzione. Ma siccome siamo in Italia, tutto quello che avviene in seguito a disastri ha a che fare con la cosiddetta “casta politica”. È come se succedesse per l’intervento di una mano invisibile, quello dello Spirito Santo. Tutto accade e non si riesce mai a individuare i responsabili.

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