Le richieste dei pm della Dda. Ai vertici di due gruppi criminali secondo l’accusa, Giacomo Madaffari, Bruno Gallace e Davide Perronace.
Roma – Condanne per oltre 240 anni di carcere per i 22 imputati nel processo nato dalla maxi-inchiesta “Tritone” che aveva disvelato le infiltrazioni della ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno, sul litorale romano. E’ la richiesta dei pm della Dda di Roma che hanno scardinato la rete dedita all’associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di stupefacenti, e tutto il corollario di reati tipici di organizzazioni criminali che avevano messo le mani sul mercato ittico e anche diverse attività di bonifica degli impianti e autospurgo.
I pm della direzione distrettuale antimafia di Roma questa mattina, al termine della requisitoria davanti ai giudici del tribunale di Velletri, hanno chiesto le condanne più alte per Giacomo Madaffari a 30 anni e per Davide Perronace a 24 anni. Nell’ambito del procedimento alcune delle posizioni sono state già definite con rito abbreviato davanti al gup di Roma con il riconoscimento dell’accusa di associazione di tipo mafioso e la condanna a 20 anni, tra gli altri, di Bruno Gallace. In seguito all’inchiesta della Procura capitolina, i comuni di Anzio e Nettuno sono stati sciolti per mafia.
L’inchiesta aveva portato nel 2022 all’arresto eseguito dai carabinieri del nucleo investigativo della Capitale di oltre sessanta persone. Ai vertici di due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine, secondo l’accusa, Giacomo Madaffari, Bruno Gallace e Davide Perronace. Una rete “decapitata” che puntava a prendere potere nel litorale romano, sfruttando la consolidata capacità di importare ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America, per poi infiltrarsi nelle amministrazioni locali attraverso la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori, da quello ittico alla gestione e smaltimento dei rifiuti.
A febbraio il maxi blitz contro la rete: dalle indagini era emersa l’esistenza di due associazioni finalizzate al narcotraffico, una capeggiata da Giacomo Madaffari appunto e l’altra da Bruno Gallace, entrambe dotate di elevate disponibilità finanziarie e logistiche, nonché delle capacità di approvvigionare e importare dal Sud America ingenti quantitativi di cocaina. Sono emersi elementi circa il reperimento di informazioni riservate da parte di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine. Le indagini svolte dai carabinieri su due militari appartenenti ad una delle caserme del litorale, hanno evidenziato gravi indizi in ordine alla rivelazione di informazioni riservate a favore del sodalizio di tipo mafioso. Entrambi destinatari della misura cautelare (uno agli arresti domiciliari e l’altro in carcere), sono gravemente indiziati di “rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio”, nonché, uno dei due, di “concorso esterno in associazione mafiosa”.