‘Ndrangheta, colpo alla cosca reggina dei Borghetto-Latella

Blitz della Gdf: ventisei persone in manette. Narcotraffico, estorsioni ed usura le attività del gruppo. Svelata alleanza criminale con gruppi rom.

Reggio Calabria – Ventisei persone sono state arrestate – uno l’obbligo di firma – stamattina dalla Guardia di finanza nell’ambito di un’operazione denominata «Garden», coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, che ha riguardato la cosca Borghetto-Latella operante nei quartieri di Modena e Ciccarello. Il blitz è scattato all’alba nelle province di Reggio Calabria, Agrigento, Cosenza, Messina, Milano e Roma.

Nel mirino degli inquirenti l’attività della cosca di ‘ndrangheta Borghetto-Latella, tra le più potenti di Reggio Calabria che, nel tempo, avrebbe conquistato, con le modalità tipiche delle associazioni mafiose, il controllo delle attività criminali ed economiche di un’ampia zona della città, quella dei quartieri di Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra.

I finanzieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Walter Ignazitto. I reati contestati a vario titolo agli indagati sono associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti e usura.

Il potere mafioso esercitato dal clan sui territori, garantito anche dalla disponibilità di veri e propri arsenali militari e da continui atti intimidatori e violenti, si sarebbe consolidato anche attraverso un’imponente attività estorsiva, monopolizzando vasto settori commerciali ed economico-imprenditoriali, nonché numerose piazze del territorio anzidetto, con espansioni anche fuori dalla città di Reggio Calabria.

A riprova dello spessore criminale del clan oggi smantellato, si registra la frase con cui un esponente di spicco appartenente ad un’altra famiglia della ‘ndrangheta reggina indica la famiglia Borghetto-Latella come “la corona della nostra testa”.

Il capo-cosca, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe assurto a tutti gli effetti ai vertici del Mandamento di ‘ndrangheta di Reggio Calabria, rivestendo un ruolo di apicale spessore nelle gerarchie mafiose, di dispensatore di doti e cariche organizzative, nonché di programmatore delle ripartizioni dei proventi illegali fra il suo sodalizio e le altre ‘ndrine della città.

L’attività investigativa ha confermato, per altro, l’esistenza di un legame sempre più profondo e sinergico tra la ‘ndrangheta della provincia reggina e pericolosi esponenti di gruppi criminali appartenenti alle comunità nomadi. Sulla base degli elementi raccolti – ed in linea con quanto già giudiziariamente accertato nell’ambito di altri processi celebrati nel distretto reggino – verrebbe svelato un nuovo e pericolosissimo volto della ‘ndrangheta che, pur di perseguire i propri lucrosi scopi, ampliare la potenza economica, rafforzare le fila militari e il controllo sul territorio, sarebbe giunta a stringere patti gravissimi con le citate comunità nomadi, avvalendosi della stabile collaborazione dei loro più temibili esponenti.

Le armi sequestrate

In tal senso, le indagini avrebbero consentito di appurare che l’organizzazione si sarebbe avvalsa – specialmente per il compimento delle più efferate attività criminali, come reati in materia di armi, di droga e, alla bisogna, anche di condotte violente – delle locali comunità rom, non solo asservendole a sé, ma anche in forza di un ormai necessario “do ut des”. In questo modo, tali comunità sarebbero state non solo legittimate sul territorio, ma, fatto ancor più grave ed inedito, avrebbero conquistato uno spazio di autonomia e libertà delinquenziale di estrema pericolosità sociale mai goduto prima e che, senza la protezione di cosche storiche e potenti, altrimenti non avrebbero potuto avere.

Ulteriore terreno di operatività criminale della cosca sarebbe, da sempre, anche l’usura. I vertici, infatti, si sarebbero dedicati a tale attività illecita, anche grazie ai proventi derivanti dell’intenso traffico di stupefacenti. Numerosi, inoltre, sono gli episodi estorsivi registrati ai danni di imprenditori reggini.

Peraltro, l’articolata attività d’indagine ha portato al rinvenimento di un vero e proprio arsenale, costituito da decine di armi, anche da guerra, tra mitragliette, fucili e pistole, perfettamente funzionanti e con relativo munizionamento, nonché di un ordigno esplosivo dalla potenza micidiale, il cui possesso non sarebbe giustificabile se non da finalità criminali di tipo mafioso.

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