Migranti, scandalo coop Karibu: arrestate la moglie e la suocera di Soumahoro

L’accusa è di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio. Nel mirino anche le condizioni fatiscenti dei centri.

Latina – Sono finite agli arresti domiciliari Marie Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete, rispettivamente moglie e suocera del deputato Aboubakar Soumahoro. La misura eseguita dalla Guardia di finanza nei confronti dei membri del Consiglio di Amministrazione della cooperativa sociale integrata Karibu, attiva nella gestione di richiedenti asilo e di minori non accompagnati nella provincia di Latina, è scattata questa mattina in esecuzione all’ordinanza emessa dal gip. Per un terzo membro del Cda, Michel Rukundo, fratellastro di Liliane Murekatete, è stato invece disposto l’obbligo di dimora. Gli indagati dovranno rispondere di “condotte di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e auto-riciclaggio”.

L’operazione è scattata questa mattina. I militari della Guardia di finanza di Latina hanno dato esecuzione all’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Latina con la quale, oltre che l’applicazione delle misure cautelari personali degli arresti domiciliari e dell’obbligo di dimora, è stato anche disposto il sequestro preventivo di beni e valori per circa 2 milioni di euro nei confronti dei tre e di altra persona a loro legata da vincoli di parentela, che attualmente si trova all’estero.

La cooperativa Karibu è finita nei guai per la cattiva gestione

Le indagini hanno appurato, si legge nella nota della Gdf, che “le cooperative Karibu e Consorzio agenzia per l’inclusione e i diritti Italia (in sigla Consorzio A.I.D. Italia), nonché la Jambo Africa (per il tramite della Karibu) hanno percepito ingenti fondi pubblici da diversi Enti (Prefettura, Regione, Enti locali etc.) destinati a specifici progetti o piani di assistenza riguardanti i richiedenti asilo e i minori non accompagnati, fornendo tuttavia un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito”.

L’attività di indagine ha riguardato, in particolare, le strutture dei Cas di Aprilia (Via Lipari), di Latina (Hotel de la Ville Central) e di Maenza (Casal dei Lupi) gestiti dalla Karibu  nonché quelle dei Cas di Latina (Via Romagnoli e Via del Pioppeto) gestiti da Consorzio Aid. 

In particolare, è stato riscontrato il sovrannumero degli ospiti, stipati in alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato, senza riscaldamento né acqua calda e in condizioni igieniche carenti (non era stata fatta né la derattizzazione né la deblattizzazione). Carenti anche la quantità e la qualità del cibo, con le carni malconservate e la presenza di umidità e muffa nelle strutture, e scarsa o inesistente la pulizia dei locali e dei servizi igienici. Le condizioni sono state giudicate offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne, aggravate dalla condizione di particolare vulnerabilità dei migranti richiedenti protezione internazionale.

I risparmi, condotti sulla “pelle” dei migranti, venivano utilizzati per spese varie (alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso, accessori, gioielli ecc.) o investimenti del tutto estranei alle finalità del servizio pubblico e assolutamente non inerenti con l’oggetto sociale delle cooperative e la loro natura di enti no profit. Gli indagati dovranno quindi rispondere di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) a seguito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa KARIBU e di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e/o richiedenti asilo.

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