Migranti, la lista dei 19 Paesi sicuri per il rimpatrio: decreto al vaglio del Quirinale

La mossa del governo dopo il caso Albania, con il tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento nel centro italiano di Gjader.

Roma –  Dopo il caso Albania il Cdm ha dato il via libera al provvedimento sui migranti che rende norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio: la lista, quindi, non è più norma secondaria come era invece il decreto del ministro degli Esteri, di concerto con quelli di Interno e Giustizia, con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco. Il governo ha varato un decreto legge per inserire l’elenco dei Paesi sicuri non più in un decreto interministeriale ma in una norma primaria, che “il giudice non può disapplicare: se la ritiene incostituzionale può fare ricorso alla Consulta”, ha spiegato il guardasigilli Carlo Nordio. Resta da capire se aver reso il decreto sui Paesi sicuri una norma primaria e non più secondaria servirà a salvare il “modello Albania” voluto dal governo. Il provvedimento deve anche passare al vaglio del Quirinale.

“Nel momento in cui l’elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla. Tenderei a escludere che possa disapplicarla. A maggior ragione questa sentenza della Corte di giustizia europea non è una direttiva e non è vincolante in via generale astratta”, ha detto Nordio in conferenza stampa a Palazzo Chigi. L’elenco dei Paesi sicuri è stato rivisto col decreto approvato in Cdm e verrà aggiornato periodicamente, sempre con un atto avente forza di legge. In particolare, dalla lista – che era stata aggiornata a maggio – sono stati rimossi i Paesi rispetto ai quali erano previste “eccezioni di carattere territoriale”: Camerun, Colombia e Nigeria. Il nuovo elenco è ora contenuto in un provvedimento con forza e valore di legge, spiegano ancora fonti di Palazzo Chigi, “per evitare possibili disapplicazioni fondate su interpretazioni della ‘Direttiva accoglienza’ (la quale, tra l’altro, non appare ‘dettagliata e incondizionata’, rimettendo il suo recepimento ai singoli Stati membri)”.

Il nuovo elenco dei Paesi sicuri per il rimpatrio è ora composto da 19 Paesi, “individuati secondo i criteri stabiliti dalla normativa europea e dai riscontri rinvenibili dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti”. I 19 Stati sicuri sono: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. La lista “diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto a un’ondivaga interpretazione. Abbiamo avuto diverse centinaia di casi precedenti di decisioni che non condividiamo e abbiamo legittimamente impugnato. Adesso è norma di legge e offriamo una valutazione fatta per legge”, ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dopo il Cdm.

Con il decreto di oggi, ha aggiunto, diventa “fonte primaria l’indicazione dell’elenco di 19 Paesi sicuri sugli originali 22: abbiamo tenuto conto dell’integrità territoriale ed escluso Camerun, Colombia e Nigeria”. “Stiamo attuando una normativa europea e anticipando l’entrata in vigore di un sistema più dirimente e stringente. Dal 2026 entra in vigore un regolamento che prevederà addirittura l’individuazione dei Paesi sicuri con esclusivo riferimento alla percentuale di approvazione delle domande di asilo a livello europeo, attestandole sotto il 20%”, ha detto ancora Piantedosi. “L’elenco dei Paesi sicuri è meditato, non apodittico. Nell’elenco sono estromessi, in ossequio alla sentenza della Corta di giustizia europea, Paesi che contengono aree territoriali non sicure: Nigeria, Camerun e Colombia”, ha confermato anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

E ancora, le spese per i migranti in Albania sono troppo alte?, hanno chiesto i giornalisti al titolare del Viminale. “È necessario migliorare l’appropriatezza della spesa complessiva: oggi il ministero dell’Interno spende 1,7 miliardi per l’accoglienza di persone che nel 60-70% dei casi, ed è una stima prudente, vedranno bocciate le loro domande di protezione internazionale”, ha dichiarato Piantedosi. “Per il trasferimento dei migranti in Albania – ha sottolineato il ministro – è stata usata una nave della Marina Militare che ha comunque dei costi di esercizio, non è che sta ferma in un garage, e questi costi andrebbero detratti nel conto. Ed hanno un loro costo i trasferimenti di migranti che facciamo tutti i giorni in tutta Italia”.

Il Guardasigilli ha sottolineato che la sentenza della Corte Ue “non è stata ben compresa: il nocciolo è che il giudice deve, nel momento in cui si pronuncia, dire in maniera esaustiva e completa, nel caso di specie, quali siano le ragioni per cui per quell’individuo quel determinato Paese non è ritenuto sicuro. Nelle motivazioni dei decreti al centro del dibattito in questi giorni questo non c’è. Leggete i dieci decreti del tribunale di Roma e vedrete se, tolte le prime quattro pagine che hanno solo premesse tecnico giuridiche, le cinque righe dedicate a questa motivazione – ha rimarcato ancora il ministro della Giustizia – siano in linea con i cinque lunghi paragrafi della sentenza”. Insomma, i soggetti sono di “cittadinanza incerta e la loro provenienza è dichiarata da loro stessi, non hanno documenti e non c’è nessuna prova che arrivino da determinati Paesi, il che significa devolvere all’arbitrio di queste persone la definizione dei parametri di sicurezza o meno dai quali dicono di arrivare”, ha insistito Nordio. 

Nel frattempo sulla questione è intervenuta anche Bruxelles, sottolineando che le misure adottate dal protocollo fra Italia e Albania per la gestione dei migranti “devono essere conformi ai trattati europei”. Lo ha affermato Anitta Hipper, portavoce della Commissione Ue per gli Affari interni. “Il protocollo Italia-Albania applica il diritto nazionale ma, naturalmente, si applicano anche gli standard stabiliti nella protezione e nelle procedure previste dal diritto comunitario. Abbiamo anche detto che tutte queste misure che le autorità italiane stanno adottando devono essere pienamente conformi e non devono in alcun modo compromettere l’applicazione del diritto e dei trattati dell’Ue”, ha aggiunto. Per questo motivo il governo italiano ha varato un decreto sui Paesi sicuri per il rimpatrio.  

La portavoce Ue ha aggiunto: “Siamo a conoscenza della sentenza” del tribunale di Roma di venerdì che ha ordinato di riportare in Italia i migranti inviati in Albania, in base all’accordo tra i due Paesi, “e siamo in contatto con le autorità italiane. Ora, per quanto riguarda la sentenza, in effetti si riferisce al concetto di ‘Paese di origine sicuro’, e a come viene applicato. Da parte nostra, per ora non abbiamo liste comuni dell’Ue” per i Paesi terzi sicuri; “è qualcosa che è anche previsto che faremo, su cui dovremo lavorare, ma che gli Stati membri attualmente non hanno, hanno solo liste nazionali”.

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