Dalla Turchia all’Italia via Sarajevo: centinaia i migranti coinvolti. Il denaro passava anche tramite rivendite di kebab.
Bergamo – L’improvviso aumento di cittadini turchi che si presentavano all’Ufficio immigrazione di Bergamo per richiedere asilo politico, ha insospettito gli investigatori della Squadra mobile che hanno avviato l’indagine, successivamente denominata “Yolcu” (passeggero in lingua turca).
L’attività ha fatto luce su un’organizzazione criminale, specializzata nella gestione di un flusso illecito di persone lungo la rotta balcanica, che consentiva l’ingresso irregolare in Italia di numerosi migranti provenienti dal Kurdistan turco, con l’obiettivo di proseguire il viaggio verso altri Paesi europei.
Bilancio finale dell’operazione: quattro persone arrestate e cinque denunciate in stato di libertà, tutte di etnia curda e residenti nel nostro Paese, accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante della transnazionalità, nonché riciclaggio.
Effettuate anche numerose perquisizioni presso le abitazioni degli indagati nonché diversi sequestri, tra i quali tre veicoli utilizzati per il trasporto dei clandestini. Durante l’indagine, avviata nel 2023, gli investigatori hanno ricostruito i viaggi relativi ad un centinaio di migranti che venivano agganciati in Turchia, da dove partivano alla volta di Istanbul, dove si imbarcavano su un aereo diretto a Sarajevo.
Successivamente i migranti venivano caricati su furgoni e camion e trasportati fino al confine bosniaco-croato, e poi proseguivano fino al confine italo-sloveno. L’ultima parte del viaggio era particolarmente pericolosa, soprattutto per donne e bambini, costretti ad attraversare a piedi, in pieno inverno, zone boschive e montane lungo percorsi non tracciati.
Una volta giunti nel nostro Paese, i clandestini venivano presi in carico dalla cellula italiana costituita dagli indagati, che li trasportavano nella provincia di Bergamo, in attesa di destinarli altrove, oppure direttamente in altri Paesi del Nord Europa, in particolare Austria, Germania, Francia e Svizzera.
Il pagamento del viaggio avveniva in Turchia, da dove le somme di denaro, tra conti correnti turchi e italiani, arrivavano in Italia e poi, attraverso alcuni gestori di rivendita di kebab, direttamente in contanti nelle mani dei trafficanti.