Si raccomanda a Governo di evitare la “confluenza” tra diversi decreti-legge, limitando il fenomeno a circostanze di assoluta eccezionalità.
Roma – Il Comitato per la legislazione del Senato ha approvato all’unanimità un parere in cui, a proposito
del decreto ‘Paesi sicuri’ confluito nel decreto ‘flussi’ migratori, “si raccomanda al Governo di evitare la “confluenza” tra i diversi decreti-legge, limitando tale fenomeno a circostanze di assoluta eccezionalità da motivare adeguatamente nel corso dei lavori parlamentari”. Tale confluenza, si legge ancora nel parere, “solleva diversi profili problematici, in particolare la compressione dei tempi dell’esame parlamentare e
il rischio di un pregiudizio alla chiarezza delle leggi e all’intellegibilità dell’ordinamento, che sono necessarie per garantire certezza nell’applicazione concreta della legge”.
Ma soprattutto, ed è questo il cuore del parere, si osserva, che la confluenza di un decreto nell’altro “non risolve il problema del contenzioso” visto che il diritto europeo resta comunque gerarchicamente sovraordinato al diritto nazionale in materie di competenza europea come quella sui migranti. Al riguardo, nel parere si sottolinea come “la modifica del rango nella gerarchia delle fonti dell’atto normativo di
individuazione dei Paesi di origine sicuri, oltre a non incidere sugli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e in particolare sull’obbligo del giudice nazionale di disapplicare la disposizione nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, rischia di non risolvere il problema del contenzioso”.
“Tale considerazione trova conferma nel moltiplicarsi delle istanze di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia proposte dai giudici di primo grado successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge”. E questo parere, che viene dato dal Comitato per la legislazione a tutti i decreti e dunque anche a quello sui cosiddetti ‘Paesi sicuri’ che risulta ancora incardinato a Palazzo Madama, nonostante maggioranza e governo abbiano deciso di farlo confluire nel decreto flussi, è formulato “sulla base di parametri e criteri consolidati”. Cioè in maniera “del tutto conforme alla giurisprudenza del Comitato”.
Ci sono temi che, da sempre, animano lo scenario politico italiano. Tra questi sicuramente la giustizia e
l’immigrazione. Nelle ultime settimane, questi due argomenti si sono intrecciati a seguito di alcune sentenze di tribunali italiani che hanno sospeso i trasferimenti di diversi migranti nel centro albanese di Gjader. Una decisione che non è stata condivisa dalla maggioranza della popolazione italiana. Inoltre, quasi 1 cittadino su 2 (il 45,5%) ritiene che queste decisioni della Magistratura siano attuate volontariamente per agire contro il Governo in carica e, quindi, con un intento prettamente politico. I dati sono di Euromedia Research per Porta a Porta – realizzato il 12 novembre con metodologia CATI/CAWI su un campione di 1.000 casi
rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne.
Sotto questo aspetto, l’elettorato si divide nettamente tra gli elettori dei partiti di maggioranza che ritengono si sia trattato, appunto, di una azione politica e quelli di opposizione che, invece, sono sicuri si sia trattato di una azione giuridica nel rispetto delle leggi. In conclusione, considerando questo scenario e il contesto di questi fatti, poco meno della metà della popolazione italiana ritiene giusto un ricorso in Cassazione da parte del Governo contro queste sentenze che respingono i trasferimenti di alcuni migranti nei centri di trattamento e di permanenza in Albania.