Assistente capo della polizia penitenziaria nella casa circondariale di Giarre, Carmelo Palo avrebbe fornito informazioni riservate e evitato controlli a Antonino Di Grazia.
Messina – Il sindaco di Itala, Daniele Laudini, gli ha immediatamente revocato l’incarico – al suo posto l’assessora Francesca Cacciola – ma l’arresto dell’ormai ex vicesindaco Carmelo Palo, 43 anni, nell’ambito di un’indagine riguardante il suo ruolo come assistente capo della polizia penitenziaria nel carcere di Giarre, continua a suscitare scalpore nel Messinese.
Lo ha arrestato la squadra mobile mentre si trovava ad Assisi in rappresentanza del Comune e le accuse che gli vengono mosse sono pesantissime: corruzione aggravata dall’aver favorito la mafia, in particolare a vantaggio di Antonino Di Grazia, 43 anni, anch’egli destinatario di una misura cautelare in carcere. Di Grazia è il figlio di Orazio, soprannominato “Scarpa Pulita”, indicato come il capo della famiglia Laudani nel quartiere Picanello di Catania. Un terzo individuo coinvolto nell’indagine è in attesa della decisione del giudice sugli arresti domiciliari, che verrà presa dopo un interrogatorio preliminare previsto dalle nuove disposizioni legislative.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Di Grazia avrebbe approfittato dell’interesse di Palo per le scommesse sportive, fornendogli informazioni su presunti risultati truccati di partite di calcio minori, frutto di accordi illeciti sostenuti dal suo clan, con la promessa di ricompense in denaro. In cambio, Palo avrebbe offerto la sua complicità, omettendo controlli e segnalazioni su Di Grazia, fornendo informazioni riservate e ritardando la consegna di rapporti disciplinari per favorirlo nell’ottenimento di permessi premio. Le indagini hanno rivelato che Palo era completamente asservito a Di Grazia, tanto che, al termine della detenzione di quest’ultimo, erano in programma ulteriori attività illecite, inclusa la custodia di ingenti somme di denaro a casa dell’agente penitenziario.
Inoltre, è stata scoperta una fittizia intestazione del noto bar catanese “Caffè Etna S.r.l.s.”, registrato a prestanome per eludere le misure di prevenzione. Il giudice, accogliendo le richieste della Procura, ha disposto il sequestro preventivo delle quote della “Caffè Etna S.r.l.s.” e dell’intero complesso aziendale, il cui valore stimato si aggira attorno ai 600mila euro, in relazione a un trasferimento fraudolento di beni.