Meloni, due le ipotesi in campo per superare il redditometro: è ancora polemica

Renzi replica: “La premier dice che l’ho introdotto io, ma l’ha votato lei con Berlusconi”. Leo: “Si chiamerà accertamento sintetico 2.0”.

Roma – Prima il decreto con il ritorno del famoso redditometro poi la sospensione – nell’arco di 24 ore – del provvedimento travolto dalla polemica politica. Un ritorno a cui Lega e Forza Italia si erano opposti nettamente. Mai “un grande fratello fiscale”, aveva precisato la premier Meloni, e dopo un confronto a Palazzo Chigi con il suo viceministro Maurizio Leo, era apparsa in video sui social annunciando che il decreto ministeriale sarebbe stato “sospeso”, in attesa di “ulteriori approfondimenti”. E nel frattempo aveva ribadito che la linea del governo è quella di andare a stanare “i grandi evasori”, quei “nullatenenti che girano col Suv e vanno in vacanza con lo yacht” e non certo di mettere il naso nelle spese dei “cittadini onesti”.

La presidente del Consiglio si era anche affrettata, sempre via social, ad assicurare che si sarebbe occupata della vicenda e che avrebbe chiesto lei stessa “delle modifiche se necessario”. E oggi torna sul tema dicendo prima di tutto “Noi rimaniamo contrari a uno strumento caro alla sinistra”. La premier negli ‘Appunti di Giorgia’ parlando del decreto sul redditometro e spiegandone la genesi, fa notare che un “decreto si sospende per una ulteriore riflessione per assicurare maggiori garanzie ai contribuenti. Ci siamo presi del tempo e abbiamo due ipotesi. O superare in toto l’accertamento sintetico oppure lavorare a una norma che circoscriva questo tipo di strumento ai fenomeni oggettivamente inaccettabili quindi legati a grande evasione o chi si dichiara nullatenente e poi gira con il Suv ma senza vessare con norme invasive le persone comuni”. 

“Nel nostro ordinamento – ha detto Meloni ripercorrendo il percorso del decreto – esiste l’accertamento sintetico per presunte incongruenze, nel 2015 il governo Renzi ha normato questo meccanismo con il redditometro, un sistema vessatorio, poi nel 2018 Conte lo abolisce e stabilisce che in poco tempo verrà fatto un nuovo decreto ministeriale, un decreto che non è mai arrivato per cui da 6 anni a questa parte l’amministrazione finanziaria non ha limiti nelle sue facoltà di accertamento perché non c’è un decreto che
metta limiti e noi ereditiamo la situazione e per questo il Mef – sentite anche le associazioni – predispone il provvedimento“. Poi sentito anche il viceministro all’economia Maurizio Leo si è deciso per una sospensione con le due ipotesi in campo.

“La sinistra ci accusa di essere amici degli evasori” replica la premier alle invettive in un altro passaggio ma ricordando misure come il concordato e rivendicando 24,7 miliardi ricavati “non vessando i cittadini ma
andando loro incontro” perché “se lo Stato non è nemico non merita neanche di essere raggirato, se invece nonostante lo Stato sia comprensivo lo vuoi fregare comunque è lì che entri”. Chiamato in causa interviene Matteo Renzi:  “Giorgia Meloni continua a dichiarare che io ho introdotto il redditometro. Ripetere una frase falsa la fa diventare virale ma non vera: questa dichiarazione è falsa. Il redditometro lo ha votato Meloni in consiglio dei ministri nel 2010, col Governo Berlusconi”.

Matteo Renzi

“Io invece – replica secco il leader di Italia Viva – ho introdotto la dichiarazione precompilata, la fatturazione elettronica, il fisco 2.0. Non è l’unica differenza. Lei ha aumentato le accise e l’IVA sui prodotti per l’infanzia, io ho cancellato IMU prima casa e le tasse agricole. Questi sono i fatti. Qualcuno può smentirmi?”. Torna sul redditometro anche il viceministro Leo, che ribadisce: “Questo governo non ha mai abbassato la guardia sulla lotta all’evasione. Vogliamo dare una mano al contribuente, vogliamo fare in modo che non si senta
vessato”.
E poi redditometro, ha aggiunto “è un termine da bandire dal nostro vocabolario”, “si chiamerà accertamento sintetico 2.0″. Per il decreto, ribadisce il numero due dell’economia, “non c’è un nome già definito”: “lo rimetto ai comunicatori: chi ha comunicato prima ‘redditometro’ ora si scervellasse per
trovare un altro nome”.

“Il fisco – ha poi precisato il vice ministro – non è di destra o sinistra, è del Paese”. “Non bisognerebbe dividersi su queste cose: stiamo parlando di temi che riguardano gli italiani, non questa o quella parte politica. Gli italiani hanno bisogno di un fisco semplice, certo, di abbassare la pressione fiscale”. Il fatto è che gli alleati della colazione del centrodestra non sono stati d’accordo sin dall’inizio sul redditometro o la stessa misura che porti un altro nome. Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri apprezza “le parole del viceministro Leo, che conferma, come noi affermiamo con forza, che il redditometro è un capitolo chiuso da anni. Era uno strumento tipico degli aguzzini fiscali del Pd, caro a uno come Matteo Renzi, già capo del Pd, noto fautore di questi strumenti”.

Antonio Tajani

Interviene anche il vicepremier Antonio Tajani, molto critico sull’argomento: “Come abbiamo impedito che arrivasse la tassa sullo zucchero, che colpiva tutte le famiglie italiane – chi compra le merendine, chi compra il succo di frutta – e avrebbe fatto perdere molti posti di lavoro, così siamo contrari a qualsiasi aumento della pressione fiscale”. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha spiegato che per rivedere il decreto, ci sono “tempi brevi: ieri c’era un Consiglio dei ministri, nei prossimi giorni ci sarà un incontro con i vertici di governo e dei partiti per decidere la strada, ma il concetto e la finalità sono già molto chiari: non c’è nessun revival della stagione delle tassazioni o delle stagioni in cui anche i ricchi piangono” .

“Il governo – ha concluso – è impegnato in una riforma del fisco che inizialmente tutela le fasce medio-basse ma è rivolta essenzialmente a garantire un rapporto più collaborativo”. “Il concordato preventivo biennale è una rivoluzione, ma è chiaro che se uno gira con una macchina da 100mila euro e dichiara zero, su quelli non c’è nessuna pietà e tolleranza”. Dal segretario della Cgil Maurizio Landini arriva un attacco frontale: “Il governo ha fatto una marchetta elettorale – insorge – per continuare a dire a quelli che le tasse non le
pagano
possono continuare a non farlo, è una follia. Ma è anche un messaggio sbagliato perché un cittadino in Italia deve avere il dovere di pagare in base a quello che ha e a quello che prende. Quando questo non avviene vuol dire che aumentano solo le diseguaglianze, le ingiustizie”.

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