Dall’8 agosto è pienamente applicabile il regolamento UE che protegge giornalisti e indipendenza editoriale. Roma sotto osservazione per la governance RAI
Roma – L’Europa fa sul serio sulla libertà di stampa. Da venerdì 8 agosto 2025 è pienamente applicabile in tutti i Paesi dell’Unione il Media Freedom Act (EMFA), il regolamento europeo 2024/1083 che istituisce per la prima volta un quadro giuridico comune per proteggere l’indipendenza dei media e il pluralismo informativo. Una svolta storica che però trova diversi Stati membri, Italia inclusa, ancora impreparati all’appuntamento.
“Ora inizia il vero lavoro”, ha sottolineato la vicepresidente dell’Europarlamento Sabine Veheyen, che presiede il gruppo di lavoro parlamentare incaricato di monitorare l’attuazione della nuova normativa.

“La libertà dei media non è negoziabile: è la spina dorsale della nostra democrazia”, ha aggiunto, mentre Roberta Metsola ha definito il Media Freedom Act una “legge storica che rafforza la democrazia”.
Le principali norme del Media Freedom Act
Il regolamento europeo introduce diverse misure specifiche per proteggere la libertà dei media:
Divieto di spionaggio: È vietato l’uso di arresti, sanzioni, perquisizioni e software di sorveglianza intrusivi contro giornalisti per costringerli a rivelare le fonti
Registri nazionali dei media: Obbligo di creare database con informazioni su proprietà, investimenti pubblicitari e finanziamenti pubblici esteri
Trasparenza della pubblicità istituzionale: Criteri pubblici e non discriminatori per l’assegnazione di fondi pubblicitari, con obbligo di pubblicare budget e importi
Indipendenza dei media pubblici: Procedure trasparenti per la nomina dei dirigenti, mandati di durata adeguata e finanziamenti prevedibili
Protezione dalle piattaforme digitali: Obbligo per i big tech di distinguere media indipendenti da fonti non verificate prima di rimuovere contenuti
Tutela delle fonti giornalistiche: Divieto assoluto di pressioni per rivelare informatori e testimoni
Trasparenza e protezione dei giornalisti
Il nuovo regolamento introduce misure innovative per tutelare il lavoro giornalistico. Innanzitutto, vieta categoricamente alle autorità di ricorrere ad arresti, sanzioni, perquisizioni e software di sorveglianza intrusivi per fare pressioni sui giornalisti e costringerli a rivelare le loro fonti. L’uso di spyware sarà consentito solo in casi eccezionali, previa autorizzazione giudiziaria per reati gravi, e le persone sorvegliate dovranno essere informate a posteriori con diritto di ricorso.

Sul fronte della trasparenza, tutti gli Stati membri dovranno creare registri nazionali dei media contenenti informazioni dettagliate sulla proprietà delle testate (inclusi i soggetti con partecipazioni sufficienti a influenzare le scelte editoriali), sugli investimenti pubblicitari ricevuti e sui finanziamenti pubblici esteri. Anche la pubblicità istituzionale dovrà rispettare criteri pubblici, proporzionati e non discriminatori, con l’obbligo per enti pubblici e aziende mediatiche di rendere noti budget e importi assegnati.
Media pubblici più indipendenti
Particolare attenzione viene riservata ai media pubblici. Il regolamento stabilisce che i loro dirigenti e consiglieri di amministrazione debbano essere selezionati attraverso procedure trasparenti e non discriminatorie, per mandati sufficientemente lunghi. Il licenziamento anticipato sarà possibile solo in caso di venir meno dei requisiti professionali, mentre i finanziamenti dovranno essere sostenibili, prevedibili e assegnati secondo criteri oggettivi.
La normativa prevede anche tutele specifiche contro le interferenze delle grandi piattaforme digitali come Facebook, X e Instagram, che dovranno distinguere tra media indipendenti e fonti non verificate prima di limitare o rimuovere contenuti, garantendo 24 ore di tempo per la replica agli interessati.
L’Italia nel mirino
Il caso italiano rappresenta uno dei nodi più critici per l’applicazione del Media Freedom Act. Nonostante i 15 mesi di tempo a disposizione dall’entrata in vigore del regolamento, il governo Meloni non ha ancora adottato le modifiche necessarie alla governance RAI. La riforma in discussione al Senato, che prevede l’elezione parlamentare del CDA con maggioranza assoluta dal terzo scrutinio, è al centro di aspre polemiche politiche.

L’opposizione di centrosinistra, guidata dal responsabile Informazione del PD Sandro Ruotolo (membro del Gruppo di Monitoraggio EMFA al Parlamento europeo), denuncia il rischio di una procedura d’infrazione europea, parlando di una “TeleMeloni Tax” che ricadrebbe sui cittadini. Dal canto suo, il centrodestra respinge le accuse, sostenendo – sulla base di “verifiche dirette a Bruxelles” – che non sussistono i presupposti per un’infrazione e che la RAI non ha “mai conosciuto una stagione di pluralismo come adesso”.
Monitoraggio europeo
A vigilare sull’applicazione uniforme del Media Freedom Act è stato istituito un nuovo organo indipendente composto da autorità nazionali dei media, che da febbraio ha sostituito il precedente ERGA. La Federazione Europea dei Giornalisti ha già espresso “profonda preoccupazione” per i ritardi di molti governi nazionali, esortando la Commissione europea “a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per fare rispettare le norme, con particolare urgenza nei Paesi dove la libertà dei media è già stata notevolmente erosa”.
Il Media Freedom Act segna dunque uno spartiacque per l’informazione europea ma la sua piena efficacia dipenderà dalla volontà politica degli Stati membri di tradurre in fatti concreti i principi di indipendenza e pluralismo sanciti dal regolamento. Per l’Italia, il banco di prova sarà proprio la riforma della governance RAI, sotto i riflettori di Bruxelles e dell’opinione pubblica europea.