Secondo la difesa non c’erano tracce di pasta nel polmone dell’anziana deceduta, ma l’accusa è convinta che Paola Pepe l’abbia uccisa per l’eredità.
CATANIA – “Sto bene qui, ad Asiago mi trovavo male, gli infermieri erano maleducati…I miei parenti venivano a farmi visita pochissimo… In Sicilia c’è Paola Pepe la figlia di mia cugina…Viene a trovarmi tutti i giorni…Ad Asiago non mi trovavo tanto bene, non mi facevano visite…Voglio stare qui, ad Asiago fa troppo freddo…”. Queste sono le parole di Maria Basso, 80 anni, ricca pensionata del ministero degli Esteri, riferite ai carabinieri di Acicastello un giorno prima di morire. I militari l’avevano ascoltata come persona offesa a seguito della denuncia penale dei parenti veneti della vittima che, per competenza, era stata trasmessa successivamente alla Procura di Catania.
Dunque l’anziana ex funzionaria si diceva contenta del trasferimento, seppur precipitoso, dalle montagne di Asiago al mare dei Ciclopi, organizzato dalla pronipote Paola Pepe, 58 anni, inquisita per omicidio aggravato e circonvenzione di incapace in danno della prozia deceduta il 16 dicembre scorso. Ufficialmente la causa del decesso è stata attribuita, dagli esperti nominati dalla Procura, ad una polmonite emorragica ab ingestis, ovvero a causa dell’inalazione involontaria di materiale alimentare. I magistrati che si occupano dell’inchiesta e che indagano per reati in danno di “fasce deboli-codice rosso”, il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Michela Maresca, avevano chiesto per Paola Pepe la misura cautelare in carcere.
Ma il Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo aveva disposto i domiciliari con braccialetto elettronico ritenendo possibile l’ipotesi di reiterazione del reato nei confronti di “altre persone vulnerabili” ritenendo l’indagata responsabile di una strategia “palesemente predatoria” per “abusare dello stato di infermità” dell’anziana parente. Un altro fatto eclatante riguarderebbe proprio la causa della morte che per la Procura etnea rimane quella della somministrazione di spaghetti e dolci a Maria Basso da parte di Paola Pepe al posto di cibi finemente sminuzzati e ridotti in poltiglia, con acqua mista ad addensante, cosi come previsto dal protocollo terapeutico:
”Il nostro anatomopatologo non ha rilevato poltiglia di spaghetti nella parte di polmone interessata dalla polmonite – ha detto l’avvocato Carmelo Peluso, uno dei penalisti che difende la Pepe – I nostri consulenti lo escludono categoricamente. La polmonite era cronica, preesistente, e ogni volta che la vittima mangiava ingeriva saliva, muco e succhi gastrici, poi rinvenuti nei suoi polmoni dai nostri consulenti in sede autoptica…”.
Dunque la pensionata dal cospicuo patrimonio mobiliare e immobiliare sarebbe deceduta per la grave polmonite contratta nel tempo. La donna, infatti, a seguito del pranzo in ristorante, si era sentita male ed era stata ricoverata presso l’ospedale Cannizzaro di Catania dove aveva ricevuto le prime cure prima di essere dimessa. Dunque Paola Pepe, che asserisce di aver dato alla prozia le cure di cui aveva bisogno imboccandola con cibo spezzettato, come le era stato somministrato nella casa di riposo in cui era ospite, ovvero come aveva visto fare dagli infermieri, rigetta al mittente ogni accusa proclamandosi innocente.
Del resto ogni volta che la nipote faceva visita alla prozia, al contrario di quanto sostengono i cugini di Asiago, la accudiva amorevolmente facendola mangiare, sia a pranzo che a cena, alla vista di tutti scattando di volta in volta fotografie con il telefonino che poi la stessa Pepe postava in rete:
”Ma è possibile che chi voglia uccidere con gli spaghetti poi trasmetta la foto a parenti e amici? – si domanda ancora l’avvocato Peluso – la mia assistita era considerata dalla vittima la figlia mancata e non mancava occasione per dimostrarlo. Abbiamo in mano documenti e foto che attestano gli ottimi rapporti fra le due donne…”.
La Procura etnea però non cede di un millimetro e reitera per Paola Pepe le accuse ed il contestuale proseguo degli arresti domiciliari con braccialetto mentre la difesa, il 12 marzo scorso, ha chiesto per l’indagata la scarcerazione al tribunale del Riesame di Catania che però ha confermato la restrizione a casa. Rimane la faccenda dei testamenti nei quali dapprima la Basso devolveva il suo patrimonio in beneficenza per poi nominare la pronipote erede universale, subito prima della sua dipartita. Colpo di fortuna o piano criminale?